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Matteo Salvini "pronto a fare il ministro", poltronissima nel mirino: dal Colle a Palazzo Chigi, ribaltone firmato Lega

Matteo Salvini

Antonio Rapisarda
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Sorridono da Villa Grande a sentire parlare di "operazione scoiattolo" sul Colle. «Che nome è?», spiegano a Libero. Il punto, però, è se esista o meno questa caccia ai peones per tentare il colpaccio al quarto scrutinio. La smentita da Forza Italia è d'obbligo. Anche se, dall'inner circle del Cavaliere, ciò che monta è un certo «ottimismo» sulla partita. Tradotto: esistono, eccome, dei movimenti dal Parlamento verso il «piano A» del centrodestra per il Quirinale. «C'è diversa gente che sembra interessata a questo progetto», ossia alla possibilità di sostenere il fondatore azzurro come successore di Mattarella. «Qualcuno per convinzione, qualcun altro per scongiurare il rischio del voto anticipato, «altri ancora per dare un messaggio ai propri leader». Letta e Conte su tutti.

 

 

Il resto si vedrà in questi giorni: a maggior ragione con il ritorno, ieri, del leader di FI a Roma. Nessun appuntamento con i parlamentari o sherpa di altri schieramenti ma, dopo aver visto Antonio Tajani e i due capigruppo, l'unico incontro previsto dovrebbe essere il vertice del centrodestra con Meloni, Salvini e tutti i piccoli della coalizione. Una reunion fissata per venerdì, ma che rischia di essere posticipata: dato che Letta e i dem hanno rinviato tutto a sabato a causa della scomparsa di David Sassoli. Se il lavorio e la conta dei "coalizzabili" in casa azzurra continua, resta fermo il punto sulla notizia che ha lasciato di sasso Enrico Letta (che ha assicurato «di parlamentari iscritti al Pd che hanno ricevuto una telefonata da Berlusconi»): i dubbi del Cav sul fatto che possa esserci un altro governo non guidato da Mario Draghi. Per lo meno con Fi dentro. «È una cosa nota, non certo un atto di disistima nei confronti di Draghi», continuano le fonti incalzate sull'ipotesi dell'elezione del premier al Colle. Passaggio confermato da Tajani: «Draghi è l'unico in grado di preservare la maggioranza».

 

 

IPOTESI RIMPASTO
In attesa di capire quando si terrà il vertice del centrodestra (probabile a questo punto fra domenica e la prossima settimana), Matteo Salvini - che nel pomeriggio ha incrociato il premier - a Porta a Porta non ha mancato di sparigliare a sua volta le carte con una proposta-shock: il grande rimpasto delle larghe intese. Mettere «gli assi di briscola» al governo, questa l’idea, far entrare dopo l’elezione del capo dello Stato «le energie migliori possibili da parte di tutti i partiti». Gli assi sono i leader. «Tutti, dal primo all’ultimo». Incluso il capitano leghista. «Ne parliamo più avanti ma non sono uso ritrarmi dalle mie responsabilità». Prima del rimpasto, però, occorre eleggere il successore di Mattarella. Qui il leghista ha replicato a chi storce il naso davanti all’ipotesi Berlusconi («È sgradevole che Letta dica questo no, questo no e questo no») chiedendo però all’alleato un’accelerazione: «Sciolga la riserva». Lui comunque è al lavoro su un ‘piano B’: «Sto incontrando tante persone per offrire una scelta veloce, con un centrodestra compatto che dopo trent'anni ha può fare una scelta culturalmente diversa che però unisca, sia di alto profilo». Anche per Salvini questa non può essere Draghi: «Molti italiani e io fra questi avrebbero piacere che continuasse a svolgere il ruolo perché ci sono tante cose da fare ancora».

GOLDEN SHARE
Sulla partita per il nuovo capo dello Stato è intervenuta anche Giorgia Meloni. «Ho le idee chiare sull'identikit», ha assicurato la leader di FdI che intende valutare «lo scenario che si mette in campo insieme al centrodestra». Di certo la coalizione ha la responsabilità «della golden share. Possiamo giocare una partita e dobbiamo farlo dall'inizio alla fine». Diversa rispetto a Salvini, ovviamente, l'opinione sulla necessità di proseguire con il format delle larghe intese: «Che Draghi vada o meno al Quirinale è difficile immaginare che si possa andare avanti così», ha chiosato rilanciando come l'unica soluzione «le urne. Per avere un governo con una maggioranza coesa».

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