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Mario Draghi premier, Antonio Socci: "Non è Conte, non resta a galleggiare". Chi sta commenttendo un gravisismo errore

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Fra confuse diatribe sull'elezione del nuovo presidente della Repubblica e scaramucce sul governo non si riesce a capire cosa concretamente i partiti vogliano e cosa propongano. L'italiano medio ha la sensazione che il loro sia un incomprensibile mondo a parte, diverso da quello in cui vivono i comuni mortali. La classe politica dovrebbe sapere che non è importante soltanto come le cose (del Palazzo) sono, ma anche come appaiono ai cittadini, e francamente appaiono male, soprattutto in un momento come questo, in cui le emergenze (da quella pandemica a quella economica) provocano problemi e suscitano inquietudini. Da settimane - ad esempio - si assiste a un inconcludente minuetto sulla candidatura del premier Mario Draghi al Quirinale. Si sente ripetere quasi da ogni parte politica che Draghi - che tutti elogiano per la sua azione - deve assolutamente restare a Palazzo Chigi, dando ad intendere che senza lui al timone sarebbe un disastro per il Paese. Se è comprensibile che lo scrivano e lo dicano i media e i leader stranieri, ai quali la politica italiana provoca il mal di mare, se non il panico, non si capisce come possano dirlo i nostri partiti che, fra l'altro, dalla leadership tecnica di Palazzo Chigi si sono sentiti - in qualche modo - commissariati.

 

 

 


OBIETTIVI CENTRATI - Sembra un colossale autogol dei politici. Infatti dichiarare che senza Draghi alla guida del governo saremmo allo sbando significa che essi giudicano se stessi incapaci di prenderne il posto e di governare. Ma allora come potranno presentarsi alle prossime elezioni - che potrebbero anche esserci nel 2022 - avanzando la propria candidatura per la guida del Paese? Non pensano di dare così agli italiani un messaggio allarmante? Non dovrebbero invece rassicurarli sottolineando che non c'è "un uomo solo al comando", ma che l'Italia dispone di una classe dirigente che governa con Draghi e continuerebbe a governare (con o senza elezioni anticipate) anche con lui al Quirinale? Egualmente incomprensibile è stata la reazione dei partiti alla conferenza stampa del presidente del Consiglio. Il suo governo di unità nazionale è stato costituito per realizzare due fondamentali obiettivi: la vaccinazione contro la pandemia e il Pnrr per l'economia e la modernizzazione. Il primo obiettivo - la vaccinazione - è stato centrato prima e meglio di molti altri paesi, anche europei. Per quanto riguarda il Pnrr, è stato riscritto in modo da ottenere l'approvazione dell'Unione Europea (che non sarebbe stata data al piano del governo Conte) e - ha spiegato Draghi - «oggi posso dirvi che abbiamo raggiunto tutti e 51 gli obiettivi. In questo momento è in discussione alla Commissione Europea la firma di quello che si chiama accordo operativo, che apre il periodo di interlocuzione prima di accordare la tranche dei prestiti previsti». Non era affatto scontato che le due imprese riuscissero. Le due missioni per cui questo governo era nato sono state centrate peraltro con l'aggiunta di una ripresa del Pil molto forte e di una Legge di bilancio che - una volta tanto - alleggerisce il peso del fisco sugli italiani (un segnale non proprio disprezzabile). Quindi con quale scopo si vuole far restare ancora Draghi a Palazzo Chigi? Il premier sembra dire (e probabilmente dirà) ai partiti: o troviamo un nuovo accordo forte e serio su obiettivi concreti e condivisi, su cui possa ripartire un'altra stagione di governo di unità nazionale, oppure la mia missione al governo è finita.

 

 

 



STALLO - Draghi infatti non è Conte. È improbabile che voglia restare a galleggiare e a farsi logorare mentre i partiti, presi dalla corsa al Quirinale o già in campagna elettorale, destabilizzano o paralizzano di fatto l'azione dell'esecutivo, come si è visto già in autunno, quando - obiettivamente anche per l'inadeguatezza di certi ministri - il governo non è stato più in grado di "anticipare" l'andamento della pandemia e l'Italia ha visto svanire il "vantaggio" che aveva conquistato. Attualmente i partiti dell'"unità nazionale" non stanno proponendo al premier un nuovo patto programmatico per dare concordemente al governo nuovi obiettivi concreti. In sostanza non si sa cosa tali partiti vogliano, né cosa vogliano fare, né cosa propongano. Invece Draghi ha le idee molto chiare. Infatti ha spiegato: «Il mio destino personale non conta assolutamente niente, non ho particolari aspirazioni di un tipo o di un altro, sono un uomo al servizio delle istituzioni».

 

 

 

 

Ciò significa che, quando è chiamato a svolgere una missione o una funzione per il Paese, è pronto come lo è stato un anno fa rispondendo all'appello del presidente Mattarella. Al governo ha portato a termine il suo compito. Al Quirinale potrebbe svolgere un importante ruolo di garanzia internazionale in forza del suo indubbio prestigio (e l'Italia dei prossimi mesi ha assoluto bisogno di stabilità e di un'alta considerazione all'estero). Si può facilmente immaginare che - se Draghi dovesse uscire di scena, in Italia - altre importanti istituzioni europee o internazionali possano utilizzarne la competenza e l'autorevolezza. Ma al nostro Paese (e anzitutto ai partiti) conviene privarsi dell'italiano oggi più autorevole nel mondo? 

www.antoniosocci.com

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