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Quirinale, lo sfogo di Silvio Berlusconi: "Mario Draghi? Non è abbastanza amato"
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"Draghi non è abbastanza amato". Ne è convinto Silvio Berlusconi che va ripetendo di "fare sul serio sul Quirinale". Calcolatrice in mano, il leader di Forza Italia si dice fiducioso: la candidatura "è reale e, oltre che dalla logica della politica, è supportata dall'aritmetica". E pare essere riuscito a convincere anche gli ospiti che giovedì scorso si erano recati a Villa Grande per fargli cambiare idea. Stando a un retroscena de Il Foglio, il Cavaliere conferma di non volersi candidare "per occupare la scena, per garantirmi la centralità nel dibattito sui giornali sotto le feste". E nemmeno "per poi potermi sfilare e interpretare il ruolo del regista, del king maker". L'ex premier è talmente sicuro della possibilità di sedere sul Colle più alto, che segna già in rosso la data del 10 gennaio: sarà quello il giorno in cui formalizzerà la sua candidatura.
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Perché la politica, assicura Berlusconi, gioca dalla sua parte. Draghi potrà rassicurare i leader di partito sulla sua ferma volontà di portare a conclusione naturale la legislatura, ma non riesce ancora a tranquillizzare i tanti parlamentari anonimi che temono tutto precipiti. Basta pensare che Dagospia ha svelato uno scenario preoccupante con l'Europa pronta tirarsi indietro sui soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, se il premier lasciasse Palazzo Chigi.
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Per questo l'esercito dei peones ha paura che tutto precipiti, se il premier andasse al Colle. La stessa paura che anima il Cav, convinto possa giocare a suo favore. Per di più Berlusconi vanta ottimi rapporti coi leader del fronte avverso. Non a caso, scrive ancora il quotidiano di Cerasa, "si sente spesso con Enrico Letta, anche per il tramite dello zio Gianni. Ce li ha con Luigi Di Maio e con Giuseppe Conte, che infatti si guardano bene dal riproporre certi toni, certe ingiurie, usate in passato per criticare e delegittimare il fondatore di Forza Italia". Stesso discorso anche per Italia Viva, il cui sostegno il Cav lo dà per assodato.
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