Giuseppe Conte, "se lo avessi fatto io...". Come rosica: nella frase su Mario Draghi la conferma, è un disperato
«Se oggi fossi al posto di Draghi, mi crocifiggerebbero».Almeno su questo è difficile dare torto a Conte. Con l’ennesima (proroga dello stato d'emergenza, la terza dose partita un po' in ritardo e la manovra finanziaria fuori tempo massimo e di fatto neppure discussa dal Parlamento, il leader grillino sarebbe stato massacrato. È pur vero però che, mentre SuperMario non vede l'ora di lasciare Palazzo Chigi, pur di restarci l'avvocato Giuseppe avrebbe accettato di farsi conficcare su mani e piedi chiodi veri e si sarebbe pure lasciato trafiggere il costato. A Tagadà, su La7, l'ex premier ha spiegato al nipotino della conduttrice, Tiziana Panella, che non è tornato alla sua professione di avvocato perché spera, restando in politica, di essere più utile agli italiani, bambini e adulti. La verità è che, da quando Salvini e Renzi lo hanno mandato a casa, l'avvocato del popolo non riesce più ad aiutare e a difendere neppure se stesso.
Sulla carta, il leader grillino ha l'esercito più nutrito e, visto che è pappa e ciccia con Letta, che lo sostiene per cannibalizzarlo un morso alla volta, dovrebbe essere lui a dare le carte nella partita del Quirinale. Invece ha lasciato che il pallino passasse al centrodestra. Si è ritagliato la parte del rosicone, riuscendo a partorire la sola idee delle quirinalizie grilline, ovverosia interrogare sulla pagina internet del Movimento qualche centinaia di sostenitori per farsi suggerire un candidato di bandiera, da ammainare dopo le prime tre votazioni a vuoto; come sette anni fa Rodotà-ta-ta, solo che stavolta la novità sarebbe un salto indietro nel tempo. Comprensibile decisione, rimanere ai margini della pugna parlamentare, visto che un paio di mesi fa non gli riuscì neppure di confermare il suo Licheri capogruppo al Senato e che senatori e deputati rispondono più a Di Maio, nel quale intravedono una speranza di futuro, che a lui.
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NEMICI INTERNI
Viene il sospetto che la designazione dell'avvocato pugliese a leader sia stata un'abile mossa di Grillo e dell'attuale ministro degli Esteri per liberarsi del due volte premier, bruciandolo. Il sondaggio di SWG diffuso ieri da Mentana su La7, che dà M5S ampiamente sotto il 15%, sembra certificare che la strategia è stata azzeccata. E fortuna per lui che il guru e fondatore si morde la lingua ogni giorno, altrimenti Conte, «specialista in penultimatum», come fotografato dal comico l'ultima volta che si è occupato della sua persona, non sarebbe più leader di M5S da un pezzo. L'avvocato Giuseppe è diventato un cavallo perdente, tant' è che neppure Rocco Casalino, che l'ha tenuto a lungo in alto ben oltre i suoi meriti, punta più su di lui. Quando stava a Palazzo Chigi era teleguidato dal suo portavoce, dal Pd, dal commissario Arcuri e dai medici del Comitato Tecnico Scientifico.
Ora che, da capo partito, deve esercitare il comando non sa che pesci pigliare. Il Movimento ha tradito tutte le sue parole d'ordine e lui se ne deve inventare di nuove, perché non basta la semplice difesa del reddito di cittadinanza, che comunque gli viene smontato un pezzo alla volta. Consapevole di non avere più le spalle coperte, per non sbagliare Conte non fa nulla ma in politica, come nella vita, chi sta fermo troppo a lungo in realtà va indietro. Ormai il sedicente leader grillino si fida solo di Travaglio, l'unico che ancora lo sostiene, anche se lo fa per il semplice fatto che riesce a comandarlo a bacchetta. La retromarcia sul Cavaliere ne è la prova. L'avvocato Giuseppe aveva osato dire che «Silvio ha fatto anche cose buone» ma al direttore del Fatto Quotidiano è bastato alzare l'arcigno sopracciglio con aria schifata per richiamarlo all'ordine, e nel giro di ventiquattr' ore il leader azzurro è tornato invotabile dal Movimento. Domani l'ex premier ascolterà il suo successore discettare di Covid ed economia nella conferenza stampa di fine anno. E ogni parola che Draghi pronuncerà sarà un chiodo nella carne viva dello sconsolato e solitario Conte, sempre più prossimo al passo finale.