Mario Draghi premier dopo il 2023 e politica commissariata: Italia blindata e addio democrazia, voci a Palazzo
Le intenzioni di Draghi riguardo al Quirinale sono il segreto di Pulcinella. Non è questione di narcisismo o di particolare ambizione, è sufficiente appartenere alla categoria degli esseri umani, cosa che anche il supereroe di Palazzo Chigi è. Diamo pertanto per scontato che Super Mario non disdegni di succedere a Mattarella, come incasso immediato per aver rabberciato un po' l'Italia nonché come coronamento alla propria stellare carriera. Si dice in giro che l'aspirazione sia ardua da concretizzare perché i tre quarti dei parlamentari attuali non saranno rieletti e la permanenza del banchiere alla presidenza del Consiglio è l'unica garanzia che questa truppa circense ha di intascarsi un altro anno di regale stipendio. I migliori amici di Draghi, banchieri, alta finanza, industriali e imprenditori lo vorrebbero poi inchiodato a Palazzo Chigi, temendo come la peste chiunque possa prenderne il posto, indipendentemente dal fatto che sia di destra o di sinistra. Poi ci sono gli orfani di Mattarella, i grandi burocrati del Quirinale che non si rassegnano a levare le tende insieme al presidente e sanno che, se Draghi arrivasse, farebbe di testa e di corte propria. È dal Colle romano che è stato dettato infatti l'articolo apparso la settimana scorsa sul Financial Times, che prefigurava scenari da tregenda qualora il premier traslocasse al Quirinale ed è stato l'estremo tentativo della squadra di Mattarella di convincere il capo a non smobilitare.
Sempre dalla Capitale è stato imbeccato l'altro endorsement, che solo a una prima occhiata rischia di ingabbiare il banchiere, ovverosia l'editoriale con il quale l'Economist incorona l'Italia Paese dell'anno, un riconoscimento più unico che raro per noi. Nel regno dei ciechi l'orbo è re e le difficoltà che la Germania, la Francia e i nostri altri partner storici stanno avendo in questo momento con la pandemia e l'economia fanno apparire raggianti le nostre fioche luci più di quanto non brillino nella realtà. Però qualcosa di vero nell'articolo c'è. La classe politica, che evidentemente tiene più agli interessi di bottega che alla propria immagine, si è affrettata poi ad attribuire a Draghi tutti i meriti dell'encomio, accettando di certificare la propria inadeguatezza pur di cercare di sfruttare l'articolo per tenere il premier dov' è. Ieri ha parlato Salvini, per dire che il premier deve restare a Palazzo Chigi per il bene del Paese, ma la frase potrebbe essere attribuita a qualsiasi leader dell'emiciclo parlamentare, da Fratoianni alla Meloni, da Berlusconi a Di Maio.
MESSAGGIO AI NAVIGANTI
Il punto è che la politica ha mangiato la foglia. L'articolo dell'Economist è un messaggio ai naviganti: l'Italia annega nel debito pubblico, che, tra ristori per la pandemia e debiti per il piano di rilancio, è schizzato a livelli non più recuperabili. In più, presto l'economia sconterà pesantemente il caro bollette e la penuria di materie prima e nel 2022 rischia di rallentare. Unica garanzia per tenere gli interessi sul debito sotto controllo è Draghi, l'uomo amato dai mercati internazionali. Lo sanno bene i partiti e lo sa ancora meglio l'interessato. I primi vorrebbero approfittarne per avere un anno in più di vacanza e manico forte, in modo da concentrarsi sulla sfida elettorale e sugli assetti interni alle coalizioni, ben lontani dall'equilibrio. Il secondo vive l'editoriale dell'Economist come un assist e non come un ostacolo. Il Draghi pensiero infatti è marmoreo. Se il Parlamento avrà la lungimiranza di incoronarlo capo di Stato, i partiti si garantiranno sette anni di scudo protettivo, che per dirla con Giorgetti saranno anche di mezzo commissariamento, perché Super Mario sarebbe un presidente molto operativo, ma si tratterebbe di una tutela pur sempre più leggera rispetto all'attuale. Se invece la politica non asseconderà l'uomo forte, tenendolo sequestrato a Palazzo Chigi, i commedianti non si illudano di trasformarsi da comparse in protagonisti dopo il voto del 2023. Perché, se non ci sarà un vincitore netto e in grado di reggere a lungo, ipotesi minoritaria stante l'attuale pastosità della situazione, il Draghi per un anno si trasformerà in Draghi per sempre e l'interessato, come dimostra l'uscita dell'Economist, per il 33% di proprietà degli Elkann, ha tutte le aderenze nazionali e internazionali per fare in modo che sia così.