Enrico Letta da Giorgia Meloni: "Quirinale, decidiamo insieme". La mossa per far fuori Berlusconi
La definizione più chiara - forse la migliore ultimamente - del ruolo e di che cosa ha in testa di fare Giorgia Meloni? L'ha fornita Enrico Letta. «Il gioco di Giorgia? È quello di fare della democrazia italiana una democrazia nella quale esiste una destra che va al governo con i valori della destra e non con accordi spuri, come è avvenuto in questi anni». Un centrodestra che tenta di vincere le elezioni «in quanto tale e cerca di governare. Io vorrei fare la stessa cosa dall'altra parte». Non fa una piega, ed è una notizia.
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Miracolo di Natale o effetto Atreju? Fatto sta che ieri l'idea dell'arco costituzionale (qualche mese fa il vice di Letta, Beppe Provenzano, si avventurò a proporre sostanzialmente lo scioglimento di FdI) è stata riposta nel cassetto. Vediamo per quanto. «Io sono contento di essere qui», ha premesso il leader del Pd, anzi «leggendo i giornali ho il problema di non sembrare troppo in sintonia con la Meloni: che è anche interessante ma non è vero». Ciò che assicura sia vero - seconda notizia in pochi minuti - è che Letta ha annunciato di non voler seguire le orme dei suoi predecessori inclini ad accettare ogni accordo: «Al governo nella prossima legislatura? Ci andiamo solo se le elezioni le vinciamo», questa l'assicurazione. «L'idea che noi dobbiamo andare al governo sempre per me è molto negativa». Detto ciò restano seri i punti di divisione. Dal persistente doppiopesismo riguardo i conti con il passato («A noi nessuno pone questo problema, perché è risolto alla radice - ha replicato a chi gli chiedeva del comunismo -. Ma dico a FdI che affrontare questo passaggio in Europa è importante») fino ad arrivare al ddl Zan e al nodo sul suicidio assistito. Ma c'è un tema che inquieta gli alleati di Letta: il voto anticipato. E su questo il segretario parla a suocera perché nuora intenda: «So che volete votare il prima possibile. Ma se non si votasse il prima possibile, lo dico qui e faccio un appello: perché non usiamo l'anno davanti per fare cose che non potremo piu fare?».
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La proposta, concentrata sul depotenziamento del gruppo Misto (pieno di ex M5S) sembra anche un modo per sviare i sospetti, agitati da Renzi, che il dem sia in verità pronto a sostenere Draghi al Colle, per arrivare con il voto alla ricompilazione delle liste Pd. La voglia di "rivincita" di Letta, non a caso, emerge anche dalla sorprendente smentita del disegno neoproporzionalista: «Quando dici "volete" non riguarda me...», ha risposto a Bruno Vespa. «Personalmente sono sempre stato per il maggioritario. E non ho cambiato idea». Il 2022, e quindi la discussione sul Quirinale, comunque incombono. Letta qui ha chiesto aiuto a Meloni per creare un "campo largo": perché sa bene di avere più quirinabili che voti in Aula. Dunque? Corteggia la destra: «Io ritengo che il Presidente debba essere eletto con una larga maggioranza, che debba essere votato da tutti», anche da Meloni e FdI. Ma certamente anche dal suo Pd. Per questo su Berlusconi, a differenza del M5S, chiude: «La sua candidatura è molto in salita». E Draghi? Letta non si è sbilanciato. «Se rimanesse a Palazzo Chigi sarebbe positivo ma ne parleremo a gennaio». Di una cosa, però, il dem è già convinto: «Non lo so se questa maggioranza andrebbe avanti dopo di lui. Oggi fa fatica ad andare avanti, lo sta facendo grazie a un senso di responsabilità». Sottinteso: con l'avvio della campagna elettorale, dopo il Colle, questo senso potrebbe venire meno. Ma anche se Draghi si sentisse "sfiduciato" si aprirebbe una campagna elettorale...
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