Giuseppe Conte rifiuta: "Declino l'invito Pd". Non si candida a Roma e attacca Renzi: "Campo largo impossibile"
"Ho declinato". Giuseppe Conte dice no alla offerta del Pd di candidarsi alle elezioni suppletive per il seggio dalla Camera lasciato libero dal dem Roberto Gualtieri, ex ministro dell'Economia nel governo Conte 2 e diventato da poche settimane sindaco di Roma. La conferenza stampa dell'ex premier avrebbe dovuto essere quella della "discesa in campo" dell'avvocato del popolo, alla sua prima vera prova elettorale da quando nel 2018 è arrivato a Palazzo Chigi da signor nessuno. Invece, come filtrava nelle ultime ore da fonti grilline a lui vicine, non se l'è sentita.
Presentarsi alle urne del collegio Roma 1 avrebbe potuto sì garantirgli un seggio a Montecitorio ma il rischio era probabilmente superiore al beneficio: un candidato forte a sfidarlo (magari quel Carlo Calenda sostenuto da Matteo Renzi e, perché no, buona parte del centrodestra) avrebbe rischiato non solo di lasciarlo clamorosamente fuori dal Parlamento, ma soprattutto silurarne in maniera decisiva la carriera politica di leader del Movimento 5 Stelle.
"Ringrazio il Pd e Letta per la disponibilità e la lealtà nella proposta - ha spiegato Conte davanti ai giornalisti -, ma dopo un nuovo supplemento di riflessione ho capito che in questa fase ho ancora molto da fare per il M5s. Non mi è possibile dedicarmi ad altro". Un buon alibi politico per dribblare l'insidia. E forse non a caso, tra le prime battute "politiche" dell'ex premier c'è proprio una puntata contro il nemico numero 1. No, non è Salvini ma Renzi, proprio l'uomo che spiazzando tutti l'aveva confermato a Palazzo Chigi nel settembre 2019, rendendo possibile il ribaltone da una maggioranza gialloverde a una giallorossa. "Quando vedo certe uscite saccenti, sguaiate, che prefigurano più che un campo largo un campo di battaglia - ha commentato Conte le parole del leader di Italia Viva - ecco credo non ci sono gli atteggiamenti, i presupposti, per un campo largo".