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Giuseppe Conte e M5s, soldi pubblici: il punto più basso, ecco quali denari chiedono (proprio loro)

Giuseppe Conte 

Antonio Rapisarda
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Il M5S? Sempre più un partito come gli altri. Nulla di male, da parte nostra, se non fosse che i grillini - al contrario - sostenevano di essere nati per distruggere alla radice proprio il sistema dei partiti: quelli che «vogliono i tuoi soldi», mentre il MoVimento «no». Così si vantava il Blog delle Stelle nel 2014 ma così oggi non è più. Per il nuovo corso di Giuseppe Conte, infatti, pecunia non olet: l'avvocato di Volturara Appula ha scoperto che i soldi pubblici fanno comodo. Proprio l'esatto opposto dei tempi in cui i pentastellati, fra restituzioni dei rimborsi elettorali e la campagna "tirendiconto" (sepolta già da un pezzo assieme a Rousseau e alla regola dei due mandati), assicuravano che «non servono soldi pubblici per fare politica».

 

 

Adesso - complici gli schiaffoni presi alle Amministrative, l'ammissione di impotenza dimostrata nel giro di nomine in Rai ma anche, osservano i maligni, la costosissima sede in centro a Roma voluta dal nuovo capo politico - servono: eccome. E la svolta, l'ennesima dalle radici puriste, è stata presentata come «un passaggio significativo, un passaggio che segna uno scarto rispetto al passato». Tutto questo per aderire al finanziamento del 2 per mille ma anche per usufruire dei benefici fiscali previsti per le donazioni liberali ai partiti da parte dei singoli. Proprio quel tipo di finanziamento ai partiti che i pentastellati volevano eliminare «una volta al governo», come tuonava Luigi Di Maio nel 2018. Lo stesso che qualche anno prima bacchettava chi fra i militanti intendeva finanziare così il MoVimento perché «ogni euro che destinate attraverso il 2x1000 ad una forza politica, è un euro in meno per sanità, scuola ed altri servizi». Adesso, almeno a sentire Conte, è la stragrande maggioranza dei pentastellati a voler sottrarre tutti quegli euro a sanità, scuola e servizi per finanziare le casse semivuote dei 5 Stelle. La foglia di fico, come al solito quando si tratta di ratificare decisioni già prese, sarà il voto degli iscritti (previsto per lunedì o martedì prossimo), passaggio «non solo opportuno ma necessario dal punto di vista ideale e valoriale», ha spiegato pragmaticamente l'ex premier, perché «se i nostri iscritti ritengono che questa strada non sia percorribile neppure ci finanziano». E vorremmo pure vedere.

 

 

I DURI E PURI - Ma i problemi, per Conte, non si limitano al responso delle poche migliaia di votanti che ormai frequentano le piattaforme pentastellate. A rumoreggiare contro il "così fan tutti" anche una minoranza di nostalgici dei vecchi tempi che non ci stanno ad abbattere quest' ultimo totem. Tra questi l'ex ministro Toninelli che a margine dell'assemblea dei gruppi ha puntato il dito contro il tradimento dell'identità 5 Stelle. Laura Bottici invece ha accusato i suoi stessi sodali di «scorrettezza» per i mancati versamenti mensili. Fra i critici pure Davide Zanichelli che si è chiesto, rispetto all'importo previsto dal 2 per mille, se ne valga la pena «rispetto all'eventuale figuraccia» frutto di questa decisione. A mettere in guardia sul problema di "cassa" del M5S è stato poi l'ex reggente Vito Crimi che ha ricordato da una parte come «non erano i banchetti degli attivisti» a far arrivare le risorse «ma il blog di Grillo e la Casaleggio», mentre dall'altra come fra il 2013 e il 2018 il M5s ha avuto le risorse per fare le iniziative «non dai cittadini ma dai parlamentari». Piccolo dettaglio: «Avremo parlamentari in meno» la prossima legislatura - questa la facile profezia - «e quindi anche meno soldi da loro...» (oltre al fatto che già oggi tanti non versano più).

 

 

E DIBBA ATTACCA - Ad esplicitare ciò che sta avvenendo nella ridotta grillina è stato colui che è uscito dal "blog" ma è pronto a rientrare nell'agone con un progetto tutto suo: Alessandro Di Battista. «Oggi il neo-movimento si avvita su se stesso», ha attaccato su Facebook poche ore dopo aver lanciato ufficialmente un amo a Virginia Raggi, -) riferimento dei malpancisti all'interno del M5S. La stoccata a Conte & co dell'ex deputato è senza appello: «Incapace di ottenere donazioni puntando sull'identità (e ti credo, governa con Renzi, Salvini, Bonino, Berlusconi, Letta e sotto Draghi) segue la strada di tutti gli altri partiti... una strada che un tempo non avrebbe imboccato nemmeno sotto tortura». Un tempo, per Dibba, tutt' altro che preistorico: «Il M5S, nel 2013, rifiutò 43 milioni di euro di finanziamento pubblico ed era un bel Movimento. Il M55 votò contro la legge del governo Letta che istituiva il 2 per mille ai partiti sostenendo che fosse un finanziamento pubblico mascherato (sempre soldi pubblici sono) ed era un bel Movimento...». 

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