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Sergio Mattarella, la mossa disperata del Pd: cambiare la Costituzione per tenerlo al Qirinale

Sergio Mattarella  

Fausto Carioti
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Con una mossa disperata, il Pd si aggrappa alla rielezione di Sergio Mattarella. Nei giorni scorsi il partito di Enrico Letta ha presentato un disegno di legge per cambiare l'articolo 85 della Costituzione, introducendo l'impossibilità di rielezione del capo dello Stato, e cancellare dall'articolo 88 la disposizione che prevede il "semestre bianco", ossia il divieto al presidente della repubblica di sciogliere le Camere negli ultimi sei mesi del proprio mandato. Che si tratti di un atto importante lo confermano le due firme sulla proposta: quella del senatore cagliaritano Luigi Zanda, che fu cossighiano, poi prodiano, quindi franceschiano, tesoriere del partito con Nicola Zingaretti e adesso, ovviamente, è vicino a Letta («uomo per tutte le nostre stagioni», tagliano corto al Nazareno), e quella del fiorentino Dario Parrini, presidente della commissione Affari Costituzionali, arrivato in parlamento con Matteo Renzi e oggi, pure lui, allineato al segretario. Due che contano nelle gerarchie del Nazareno, soprattutto quando si parla di riforme. Perché lo hanno fatto? È qui che la storia diventa interessante. Mattarella, come ha ribadito in tutti i modi, non intende avere un secondo mandato. I motivi sono diversi, ma il più importante è che sarebbe il secondo capo dello Stato consecutivo a essere rieletto. Da eccezione il "bis" si trasformerebbe in regola non scritta, e ogni futuro presidente della repubblica sarebbe il principale candidato alla propria successione. Ragione per cui, anche di recente, Mattarella ha ricordato che i suoi predecessori Giovanni Leone ed Antonio Segni avevano chiesto «la non rieleggibilità del presidente della repubblica, con l'eliminazione del semestre bianco». Un modo niente affatto velato per dire che lui la pensa allo stesso modo.

 

 

ALLEATI RANCOROSI
Col suo diniego, però, Mattarella ha inguaiato il Pd. Letta, infatti, non ha ancora trovato un nome da candidare per il Quirinale. Non si fida nemmeno (con buone ragioni) di ciò che potranno combinare durante gli scrutini segreti i parlamentari pentastellati, che Giuseppe Conte non appare in grado di gestire. Gli apprezzamenti con cui una parte dei Cinque stelle ha colto l'amo lanciato da Silvio Berlusconi, novello paladino del reddito di cittadinanza, ha aumentato i dubbi di Letta, ed è anche per questo che l'idea di candidare Mario Draghi lo spaventa: e se poi i franchi tiratori lo affossano? Tanto più che il rancore dei Cinque stelle verso il Pd è in fase crescente, di pari passo con i sondaggiche vedono avanzare i democratici (ormai sopra al 20%) e scendere il M5S (che l'istituto Winpoll fotografa addirittura all'11%). È questo che ha spinto i grillini in parlamento a battersi, anche contro il Pd, per far sì che uno di loro fosse relatore della manovra: quel ruolo consente di gestire da vicino la partita della spesa pubblica, fondamentale a fini elettorali. Persino l'entrata degli eurodeputati del M5S nel gruppo dei socialisti Ue, dove alloggia il Pd, è congelata: l'idea di finire alla corte degli eredi di Antonio Gramsci non scalda i cuori.

 

 

CENTRODESTRA AVANTI
La candidatura di Berlusconi, intanto, avanza come nessuno aveva previsto. E Letta non sembra avere una strategia per contrastare il temuto accordo tra il centrodestra e i renziani, sul nome del Cavaliere o un altro. Magari nelle prossime settimane tirerà fuori dal cilindro il candidato capace di tenere insieme il Pd, convincere i Cinque stelle e pescare gli indispensabili consensi sul fronte opposto. Oggi, però, l'unica via d'uscita appare la conferma dello status quo al Quirinale e a palazzo Chigi. Così, per rimuovere la principale obiezione di Mattarella, con la benedizione di Letta è arrivata la proposta firmata da Zanda e Parrini: anche se l'incarico fosse rinnovato, non si creerebbe alcuna "regola del secondo mandato", perché è pronta la riforma che lo impedirebbe. A partire dal presidente che verrà dopo, s' intende. Una mossa da disperati, appunto, anche perché la legislatura è comunque agli sgoccioli e riscrivere la Costituzione richiede una procedura lunga. È chiaro che il ricorso a Mattarella sarebbe l'ultima spiaggia, la conferma che il Pd e il suo segretario, incapaci di gestire la partita, sono stati costretti ad arroccarsi. Ma al Nazareno hanno capito che non possono escludere questa eventualità. Resta da capire cosa ne pensa il diretto interessato, lassù sul Colle.

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