Paolo Gentiloni, lo sfregio a Mario Draghi. Retroscena: ecco perché sta boicottando l'Italia in Europa
Mercoledì prossimo la Commissione europea formalizzerà il proprio parere sulle leggi di bilancio inviate a Bruxelles dai Paesi membri. Occhi puntati su Paolo Gentiloni, dunque, il "nostro" eurocommissario agli Affari Economici con poche deleghe ma sempre pieno di preoccupazioni. Non per sé, naturalmente. Per l'Italia e la tenuta dei suoi conti e soprattutto per la messa a terra del PNRR da cui dipende la richiesta della prima tranche di fondi del Next Generation Ue, vincolati al raggiungimento di 51 obiettivi, dei quali ancora più di venti sono in alto mare. Ragion per cui Gentiloni negli ultimi tempi ha deciso di far violenza alla sua leggendaria ritrosia e si è prodotto in pensose ammonizioni sui ritardi dell'Italia, che in effetti non ha ancora inoltrato i documenti progettuali necessari a corredare la richiesta dei quattrini a Bruxelles.
SOTTO OSSERVAZIONE
Di per sé sembrerebbe l'ordinaria amministrazione di un freddo burocrate continentale, se non fosse che Gentiloni è appunto lì - tra le brume mitteleuropee - anche e prima di tutto per conto di chi ce l'ha mandato: il governo italiano, durante il Conte bis sorretto dalla maggioranza giallorossa. Giusto una settimana fa, l'ex premier succeduto a Matteo Renzi garantiva che, sì, da Bruxelles riceveremo «grande attenzione e spirito di collaborazione», nondimeno «l'Italia ha una grossa responsabilità» e non può disattenderla. Insomma siamo sotto osservazione: «La preoccupazione c'è e chi conosce direttamente, come me, la difficoltà di attuazione dei piani e dei progetti europei, non può non tenere molto alta l'attenzione su questi rischi». Motivo: «La Commissione europea è al lavoro per assicurare il successo di Next Generation Eu perché, se dovesse dare risultati deludenti, riproporre iniziative simili magari su obiettivi diversi diventerebbe davvero molto difficile».
È almeno da agosto che Gentiloni va ripetendo lo stesso monito. L'estate scorsa, in occasione del Meeting ciellino di Rimini, di punto in bianco se ne uscì con una frase che avrebbe rappresentato il prologo di un atteggiamento insolitamente critico verso il governo di Mario Draghi: «Devo essere onesto, andiamo incontro all'autunno più importante per l'Italia da 30 anni, in termini economici, e non mi pare ce ne stia rendendo conto abbastanza». E da quella posizione non sembra aver schiodato, il Gentiloni Silveri, replicando con perifrasi varie lo stesso concetto di mese in mese: «Guai a considerare le risorse già incamerate in quanto non lo sono, ma vengono concesse da un fondo performance based». E ancora: «Dobbiamo conquistare il senso di una missione comune che io vedo ancora non essere sufficiente...».
È come se Gentiloni avesse deciso di farsi portavoce del gruppo di Stati cosiddetti "frugali" che dal nord Europa hanno sempre invocato per l'Italia manovre correttive e altri assestamenti di bilancio per scongiurare la procedura di infrazione e il conseguente deragliamento dei nostri conti pubblici. Eppure la narrazione prevalente, proveniente dal suo Partito democratico, è che Gentiloni si stia impegnando per fare in modo che il rigore continentale non torni a furoreggiare in un Europa ancora in piena emergenza pandemica. Ma a questo punto bisogna domandarsi se sia lui a poterci salvare da noi stessi e dai nostri detrattori. Basti qui ricordare che, quando fu nominato agli Affari Economici, la neopresidente della Commissione Ursula von der Leyen fu subito chiara e impietosa: «Gentiloni dovrà collaborare moltissimo con Valdis Dombrovskis», il vicepresidente della Commissione con deleghe sull'euro, nominato vicepresidente esecutivo per l'Economia, e cioè il vero asso di denari dell'esecutivo continentale.
CHE NOIA
Di qui la domanda: o Gentiloni sa qualcosa che noi ancora ignoriamo (l'Ue sta per bastonare il governo dei migliori sul PNRR?); oppure sta cercando di dare un senso, un po' troppo cavilloso invero, alle sue giornate altrimenti noiose. Il che non soltanto stride con gli elogi che i nostri partner ci hanno rivolto negli ultimi tempi, entusiasti come sono di saperci nelle mani dell'ex banchiere centrale che ha salvato Eurolandia, ma proietta una luce sospetta sulle reali intenzioni di un uomo dal curriculum così ponderoso. Già ministro delle Comunicazioni nel secondo governo di Romano Prodi e poi titolare della Farnesina durante il principato renziano, Gentiloni è divenuto anche suo malgrado una naturale riserva della Repubblica. Al punto tale che Carlo Calenda l'ha appena candidato come successore di Sergio Mattarella costringendo il segretario del Pd, Enrico Letta, a rinviare il dossier quirinalizio dopo l'approvazione della Finanziaria. E sempre lì torniamo, ovvero al fatto che Gentiloni probabilmente non ha la forza per imporre le nostre istanze in Europa ma rivendica l'autorevolezza per giudicarle con un certo scetticismo. E tuttavia, per quanto debole possa apparire, sebbene di lui non si ricordi alcuna dichiarazione travolgente o un guizzo oratorio indimenticabile, la verità è che Gentiloni resta un tessitore abilissimo e nel suo grigiore anonimo dispone di notevoli e trasversali relazioni di potere nazionali e internazionali (Vaticano compreso). Questa sua improvvisa loquacità oracolare, ben protetta dalla grisaglia dell'establishment europeo, fa supporre che forse qualche pensierino sul Colle lo stia in effetti coltivando...