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Guido Crosetto avverte Meloni e Salvini: "Dimostrino di avere una squadra di governo. O al voto si perde"

Guido Crosetto

Pietro Senaldi
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Aveva pronosticato Fratelli d’Italia al 20% quando stava al 4 e poi al 30% quando era al 12. Oggi, a distanza di poco più di un anno, il partito che ha fondato insieme alla Meloni e a La
Russa ha toccato il 20% e oscilla da settimane poco al di sotto. Un eccesso di ottimismo? «No, penso sia un arresto fisiologico, Fdi sta incassando il colpo della sconfitta alle Amministrative e deve comunque tracciare una nuova rotta, se vuole crescere».

Una sconfitta quasi  cercata...
«È un appuntamento che è stato sottovalutato e che è sempre problematico per il centrodestra, che non riesce mai a mettere in campo un candidato senza che da sinistra parta la contraerea comunicativa, attaccando etichette e riesumando stereotipi: vanno a ripescare frasi dette vent'anni prima in tutt'altri contesti, con una capacità di sputtanamento magistrale. Un po' come usa negli Usa, solo che qui da noi lo fanno solo i progressisti».

Ripagarli della stessa moneta?
«Qualcuno dovrà parlare di contenuti, e poi il centrodestra non ha a disposizione tutte quelle bocche di fuoco».

Ma questa è una colpa, non un merito. È strano incontrare Guido Crosetto, uomo verticale, e non solo per i due metri e passa di altezza, che non fa sconti, tantomeno a se stesso, e sentirlo pescare scuse.

Non è da lei giocare in difesa: non è che il centrodestra non processa l'avversario per sudditanza culturale, quella che aveva Berlusconi, e gli è costata cara, che non aveva Salvini quando ha vinto e dalla quale la Meloni cerca di divincolarsi oggi con alterne fortune?
«Non gioco in difesa anche perché ho smesso di giocare e mi limito a osservare da esterno ma diciamola tutta: quando il centrodestra spara fa meno male perché ha una capacità di fuoco ridotta, visto che la sinistra è radicata in tutti i gangli vitali del Paese. Tribunali, scuola, alta burocrazia, dirigenti pubblici, cultura, comunicazione: l'85% della classe dirigente nazionale è composta da gente nella sfera della sinistra. Migliaia di persone».

 

 

Il centrodestra però ha governato a lungo...
«Negli ultimi dieci anni mai, e ha perso la guida perché è stato cacciato da quella classe dirigente ostile, diffusa, di cui parlavo prima. Ma se il tuo avversario è nelle condizioni di farti fuori, la principale colpa è tua!».

Berlusconi ha fallito?
«Berlusconi ha incarnato il sogno di molte persone, che radunandosi intorno a lui e a quel sogno, sono diventate un popolo. Però non ha mantenuto le promesse in tema di tasse, giustizia, burocrazia, competitività del sistema Italia».

Sta sostenendo che Silvio non è di centrodestra?
«Lui lo è ma nel centrodestra hanno spesso dettato la linea persone che definire di centrodestra è un azzardo. Tremonti, Brunetta, Frattini: tutti di altissimo livello ma più vicini al riformismo socialista che al liberismo o al conservatorismo anglosassone. Per non parlare di chi ha sempre frenato sulle riforme più dirompenti per lo status quo, da Casini a Cicchitto e all'ex comunista Bondi; o Fini, che era di destra ed è finito a sinistra in odio a Berlusconi che pure lo aveva sdoganato. Silvio è stato un grande, penalizzato dal fatto di dover tenere insieme pezzi di una maggioranza litigiosa, eterogenea e di essere circondato da uomini, collaboratori, giornalisti, troppo vicini ai suoi avversari. Perfino Bossi e Maroni arrivavano da sinistra».

Tutta gente che si era scelto lui...
«Non li ha scelti, li ha uniti. Mettendo insieme persone diverse, unite dal fatto di essere (o dirsi) alternativi alla sinistra. Poi però si è scontrato con il fatto che è comodo per tutti fare politiche un po' di sinistra. Facilitala carriera, ti accredita nei salotti buoni e ti consente di aumentare la spesa pubblica in chiave elettorale quando serve. Silvio è riuscito a mettere insieme diverse sensibilità ma ha fallito nel dare loro un'anima nuova, diversa e condivisa. E gli è mancato il coraggio....».

Il centrodestra sembra fermo lì, anime diverse giustapposte più che unite. Sbaglio?
«Il centrodestra forse dovrebbe cambiare schema».

Salvini, Meloni e Berlusconi devono smettere di farsi i dispetti per non disgustare l'elettorato?
«La contrapposizione personalistica ci sta nel breve periodo perché fa crescerei partiti, ma se il punto di arrivo è il governo di uno Stato, dev' essere marginalizzata».

Si fanno pranzi, cene, aperitivi di pacificazione. Sono previsti sulla carta incontri programmatici...
«Non bastano più i semplici accordi politici tra leader. Bisogna costruire rapporti veri fra le persone che compongono i partiti, far crescere la collaborazione, far incontrare i gruppi dirigenti, avere un'idea di dove andare, cosa fare e con quali obiettivi. Poi si deve riuscire a trasmetterla agli elettori e tranquillizzarli. Non si governa un Paese solo con venti ministri e cinquanta sottosegretari bravi e preparati. Ma lo sanno benissimo».

 

 

Sta bocciando gli attuali leader del centrodestra?
«No, non mi permetterei mai. Dico solo che non è più sufficiente per loro essere credibili e autorevoli come singoli leader. Devono dare l'idea di disporre di una grande squadra pronta a governare. Non si tratta più di risultare meritevoli di fiducia come singoli fuoriclasse ma di essere capaci di presentare una squadra e accreditarsi come coalizione: devono guadagnarsi una fiducia diffusa».

Come si fa, se uno sta all'opposizione e due al governo?
«Se ne devono fregare, come Letta, che intelligentemente surfa sulle divisioni grilline e della sinistra e sta lavorando a creare un'officina, un cartello elettorale, pensando al futuro».

La prima mossa è mandare sul Colle qualcuno di centrodestra?
«Se il centrodestra questa volta che parte da 450 grandi elettori, si facesse marginalizzare nell'elezione del PdR, si suiciderebbe. Farebbe passare a molti la voglia di votarlo».

Tifa anche lei per Berlusconi?
«Berlusconi al Quirinale alla fin fine non sarebbe un pericolo per lo status quo euroburocratico, ma sarebbe dirompente in termini positivi su alcuni fronti. E poi sarebbe divertentissimo».

Ce la può fare?
«Non lo escludo, ci ha abituato ad imprese impossibili. Di certo la sinistra lo teme».

Cosa succede se il centrodestra non cambia schema?
«Che perde le elezioni. Il vento è già un po' cambiato. Se l'elettore non ti considera credibile, non ti vota anche se è di centrodestra, lo si è visto alle Amministrative. Per i sondaggi gli italiani sono divisi: un terzo con il centrodestra, un terzo giallorosso, l'altro astensionista. Significa che il centrodestra sta rischiando di perdere l'occasione di essere maggioranza».

Salvini e Meloni dovrebbero fare un passo indietro rispetto all'aspirazione di fare il premier?
«Ma nessuno dei due sta facendo passi avanti. Sono ricostruzioni dei giornali. Alla fine neppure a loro due interessa chi comanda: importano le cose da fare. Il centrodestra è in crisi di metodo e di elaborazione culturale e programmatica "collettiva", ma non è che dall'altra parte stiano meglio».

Il centrosinistra ha un candidato premier...
«Ma chi, Letta? Non scherziamo, Enrico non è così sprovveduto da imporsi. Letta sta mettendo insieme persone e facendo maturare un progetto comune, poi da lì verrà fuori il candidato. Il centrodestra dovrebbe fare lo stesso: il candidato nasce da un confronto sui programmi e le persone».

Salvini può perdere la Lega?
«Rischierebbe, forse, se qualcuno nella Lega avesse il coraggio di fargli la guerra. Quindi, no».

Ha sbagliato qualcosa?
«Se sei al governo, devi starci tutto, non puoi tenere il piede in due scarpe nel tentativo di inseguire la Meloni. Devi rivendicare il merito di aver cacciato i giallorossi e non permettere che il Pd, che ha difeso Conte fino all'ultimo, si intesti Draghi».

Ma come, le piace Draghi?
«Quando è arrivato era l'unica soluzione possibile e non si può non vedere che ha portato autorevolezza all'Italia, ma mi aspettavo di più. Ognuno ha il suo mestiere. Forse lui è un grande quando si parla di economia e finanza ma gli manca l'esperienza politica a tutto tondo; altrimenti avrebbe osato di più, avrebbe fatto di più».

Critica di circostanza...
«Affatto. Draghi ha un potere unico, che gli consentirebbe di fare quasi tutto quello che ad un governo "normale", sarebbe impossibile. Quasi come quello del ventennio...».

 

 

Provocatore...
«Può fare leggi in una settimana, cambiare tutto, fare riforme vere, ma vedo ancora poco. A quanti imprenditori ha semplificato la vita? Ha cambiato fisco e burocrazia? Ci ha messo in condizioni di fare più velocemente le opere pubbliche? Ha razionalizzato la giustizia? Ha creato condizioni per aumentare gli stipendi?».

Sta facendo il Piano Nazionale di Rilancio...
«E vorrei vedere. Purché non si sprechino i soldi. Se non si piantano semi, il denaro dura poco. Vediamo come saranno investiti i soldi nella digitalizzazione, nella trasformazione ecologica, nella tecnologia. Il rischio di una spesa sterile c'è».

Non è che Draghi si è fermato perché punta al Colle e non vuole scontentare nessuno?
«Non si è fermato per fortuna e non so a cosa punti».

O non lo vuole dire?
«Se Draghi va al Quirinale, la maggioranza non ce la fa a sostituirlo e si va al voto. Ma si rischiano le urne anche se il Parlamento non lo elegge e lui si scoccia».

Berlusconi è diventato un peso per il centrodestra?
«Se resta lucido, il Cav è sempre un vantaggio, perché è un fuoriclasse».

Non blocca il centrodestra?
«Blocca Forza Italia, ma la tiene anche in vita. Preclude alla parte moderata del centrodestra la possibilità di riconquistare elettori con personalità con un futuro davanti».

Pensa a Renzi?
«No, è stato segretario del Pd. È intelligente politicamente ma mi pare abbia scelto la strada imprenditoriale. Sarà influente anche nel prossimo Parlamento, ma restandone fuori».

A Calenda allora?
«Carlo è un tecnico bravo ma non ha ancora ben chiaro cosa vuole e può fare da grande. La sinistra continua a schiaffeggiarlo ma lui non taglia il cordone ombelicale».

Il futuro leader dei moderati può staccarsi da Lega o Fdi?
«Potrebbe. Basta non passi l'idea di alcuni di FI che sarebbero pronti per qualche posto, a farsi accogliere nel caldo e protettivo ventre della sinistra di governo. Io auspicherei un leader moderato forte e giovane, anche per la terza gamba del centrodestra».

Ma ci serve un leader moderato?
«Ci serve qualcuno che abbia consapevolezza di dov è l'Italia ora e di quali siano le prospettive se non si cambia. Per questo servono tutte le anime del centrodestra. Siamo sul Titanic, la concorrenza internazionale è così forte che non ci è più consentito gareggiare con il fardello che ci portiamo sulle spalle da decenni. Negli ultimi 25 anni siamo il Paese che ha perso più ricchezza pro capite e collettiva, quello più indietro nelle infrastrutture. Abbiamo una quantità di parassitismo insostenibile e ho l'impressione che gli italiani non se ne stiano rendendo conto; altrimenti forse M5S non avrebbe mai ottenuto il 34%».

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