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Giuseppe Conte si lamenta per le nomine Rai? Il dossier: ecco tutti i fedelissimi che ha piazzato

 Giuseppe Conte

Francesco Specchia
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Meraviglioso. Giuseppe Conte che si lamenta del "ritorno della spartizione politica" in Rai non perché non sia vero, ma perché da quella spartizione lui stesso è rimasto fuori, be', è una scena che vibra di una straordinaria estetica del paradosso. Meravigliosa faccia di bronzo. Il presidente dei Cinque Stelle, con la pochette stazzonata come il proprio orgoglio, non ha digerito il siluramento dei suoi uomini di riferimento inseriti nei gangli del potere Rai; prima l'ad Fabrizio Salini, l'unico uomo in grado di cavalcare tutti i cavalli sbagliati, fatto fuori ad uso di Carlo Fuortes; poi Franco Di Mare a Raitre che prende la via della pensione; infine Giuseppe Carboni costretto a mollare la sua direzione al Tg1 a vantaggio di Monica Maggioni ex presidente Rai, cronista invincibile, professionalità draghiana e fuori dai partiti. No. A Conte il nuovo corso di lottizzazione Rai non quadra, non sta bene, irrita finanche; neanche se -come paregli concederanno un pentastellato a presidiare la direzione del day time.

 

 

Voleva, Giuseppi, che si fossero azzerate tutte le cariche, invece Genny Sangiuliano è rimasto lì al Tg2; a Rainews sale Paolo Petrecca che volge a destra; a Raitre Simona Sala indicata a sinistra; e alla Radio Andrea Vianello, partito Rai puro. All'ex premier, tra l'altro, rimangono ancora fedeli un direttore della comunicazione, un vicedirettore di rete, tre/quattro conduttori importanti; eppure non gli sfagiola che "il primo partito in Parlamento" si sia lasciato fregare da un amministratore delegato che si incontra a cena con i vertici del Pd. E diamine, un po' Conte ha ragione. Citando l'ad Rai al compleanno di Bettini, un dirigente della tv di Stato mi fa notare, braccia al cielo che, "Fuortes ha dichiarato che finalmente i partiti non bussano più alla porta di viale Mazzini. Ed è verissimo, ora siamo noi a bussare direttamente ai partiti...". Ma tant' è, funziona così da sempre. Conte semmai dovrebbe chiedere perché è stato rimosso, al Tg1, il solo direttore che aveva aumentato la share; mentre, invece, passa il tempo a lamentarsi del pugno di mosche della "lottizzazione selvaggia". Che poi è strana 'sta cosa che quando la fanno gli altri è lottizzazione selvaggia se lo fa Conte diventa legittimo spoil system all'americana.

 

 

LA RETE DI RAPPORTI - Eppure, in un rigurgito di autocoscienza, l'aveva ammesso anche Fico: «Nella lottizzazione ci siamo caduti anche noi del M5S». E non solo ci sono caduti mani e piedi, ma ci si sono tuffati e ci hanno nuotato dentro per anni. C'è stato un tempo in cui Conte era come Carlo V: sulla sua rete di potere mai tramontava il sole. In due anni e mezzo trascorsi a palazzo Chigi lo statista di Volturara Appula aveva intrecciato rapporti non certo episodici, pur se non del tutto organici, con tutti gli elementi cardine dell'"eterno partito romano" (copyright Fabio Martini); ossia del partito quello che si muove lungo l'asse Servizi-grandi aziende partecipate-Vaticano-grandi boiardi-sistema dell'informazione-Confindustria e sindacati-Procura di Roma. Aveva arruolato un esercito (che si è asciugato di sconfitta elettorale in sconfitta elettorale) di manager, 007, giornalisti, alti prelati. Potere vero, oltre la soglia della mera lottizzazione, in realtà. Conte aveva nominato, ai tempi gialloverdi, alla guida dei Servizi Segreti il generale Gennaro Vecchione, capo del Dis, persona di assoluta fiducia. Tra l'altro, ci fu un momento in cui si paventava "un super servizio segreto con sé stesso al vertice, con un fine trasparente", scriveva Linkiesta; e il fine era quello di essere l'ossatura di un futuro partito.

 

 

Ma non solo. Nel mondo delle grandi partecipate molti si sono scoperti "contiani": l'ad di Poste Matteo Del Fante già renziano, il presidente dell'Enel Michele Crisostomo, il capo dell'anticorruzione Giuseppe Busia. E stato attiguo al governo anche il presidente di Cassa Depositi e prestiti Fabrizio Palermo. Supercontiano s' è rivelato l'onnipotente il commissario all'emergenza Covid, Domenico Arcuri dirigente distaccato da Invitalia. E mentre entrava (o faceva entrare) nelle grazie dei potenti cardinali Parolin e Bregantini, Conte operava strategicamente sul Dagl, il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi ovvero il luogo da dove transita tutta l'attività legislativa del Paese. Il Dagl era quel posto dove gradualmente erano diventati tutti contiani. Tutto questo si è sciolto, col nuovo spoil system a cune seguirà un altro, e un altro ancora. E Conte si lamenta. Perfino di Di Maio ormai in grado di lottizzare molto più di lui... 

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