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Sergio Mattarella e il bis al Quirinale, Dagospia: "Il segnale decisivo nel discorso di Capodanno"

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Tutti appesi a Sergio Mattarella, letteralmente. Secondo Dagospia, la corsa di Mario Draghi al Quirinale si è complicata: sia il premier sia i partiti della sua maggioranza guardano con sempre maggiore ansia a quello che accadrà il 31 dicembre 2021. Sulla carta, sarà l'ultimo discorso da presidente della Repubblica di Mattarella. "Solo allora potrà essere sciolto il nodo sulla eventuale candidatura al Colle" dell'ex presidente della Bce, spiega Dago

 

 

 

 



Motivo? Presto detto: è ancora in piedi l'ipotesi di un Mattarella-bis, una proroga "alla Napolitano" almeno fino al 2023, per permettere a Draghi di restare a Palazzo Chigi senza sconvolgere il Parlamento, far cadere la maggioranza e "precipitare" l'Italia al voto anticipato. "Se Mattarella, nel discorso di fine anno, farà un chiaro riferimento alla fine del suo mandato - spiega Dagospia -, chiudendo ogni spiraglio a una possibile riconferma, allora il tanto evocato bis al Colle svanirà per sempre".

 

 

 

 

 

 

 

Al contrario, se Mattarella tacerà sull'argomento, "potrebbe essere interpretato come un'apertura, una sorta di piano d'emergenza offerto ai partiti nel caso in cui il Sistema s'inceppasse nelle votazioni in Parlamento".  

 

 

 

 

 

 

In caso di "netta chiusura" del presidente della Repubblica, a quel punto sarà Draghi a dover sciogliere la riserva. Sulla carta, nessuno nella maggioranza (e anche da Fratelli d'Italia) sembra in grado di dire no a una sua promozione al Colle. Ma il sospetto trasversale è che chi spinga SuperMario al Colle lo faccia solo per ottenere che la situazione precipiti e si torni al voto, subito. E questo è il grande terrore dei "peones" in Parlamento. 

 

 

 

 

 

 

"Se nei giorni successivi al discorso del presidente, magari il 2 o 3 gennaio, Mariopio interverrà sulla questione Quirinale - anticipa Dagospia - sarà per comunicare il suo disinteresse e ribadire l'impegno a Palazzo Chigi. Un suo silenzio, viceversa, certificherebbe l'interesse per l'ascesa al Colle aprendo una partita tutta nuova". Insomma: Draghi e Mattarella allo specchio. Con una grande incognita: i 150 voti "fuori controllo" che potrebbero affondare qualsiasi candidatura. 

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