Goffredo Bettini fa esplodere il patto Pd-M5s? Dopo la festa di compleanno... un disastro per Letta e Conte
Il disegno giallorosso elaborato al desco di compleanno di Goffredo Bettini (tre vassoi di porchetta, una magnum di champagne rosato e altre delicatezze, ha raccontato la piddina Monica Cirinnà) è vasto come il girovita dell'anfitrione. Prevede innanzitutto un accordo per garantire agli inquieti parlamentari che la legislatura arriverà alla scadenza del 2023, e dunque di usare i loro voti per portare Mario Draghi al Quirinale, lasciando che la guida del governo passi all'attuale ministro dell'Economia, Daniele Franco. L'anno che conduce alle elezioni sarebbe usato quindi per consolidare la presa (al momento assai fiacca) di Giuseppe Conte sul M5S, epurare le liste del Pd dai renziani rimasti e presentare agli italiani i due partiti alleati e i loro leader candidati in ticket, con il patto per cui quello che prende più voti fa il premier. Non si è discusso del resto, ma è implicito: siccome a prendere più voti sarebbe il partito di Enrico Letta, lui andrebbe a palazzo Chigi e libererebbe la poltrona di segretario. Per la quale è pronto Andrea Orlando, leader dell'ala mancina del Pd. Che tornerebbe così ad essere un partito di sinistra-sinistra, come lo erano i Ds.
La volontà dei due capi partito e un pronubo volenteroso come Bettini, però, non sono sufficienti. Il senatore grillino Vincenzo Presutto, vicino a Luigi Di Maio, giudica «preoccupante ed inaccettabile» il fatto che simili decisioni siano prese «in una villetta della periferia romana, al di fuori delle sedi istituzionali». Non è il solo: sono molti i pentastellati che la pensano così e che Conte non riesce a convincere. Ieri è arrivato pure l'incidente parlamentare. Il deputato grillino Vittorio Ferraresi è tornato sulla vicenda di Simone Uggetti, ex sindaco piddino di Lodi, sostenendo che l'assoluzione dall'accusa di turbativa d'asta non lo scagiona da altre colpe: «Un conto è la fase del procedimento penale, un conto sono fatti che a livello politico sono da condannare o meno». La matrice manettara del M5S che riaffiora. Quanto basta per suscitare «orrore» nel deputato dem Filippo Sensi, che chiede a Letta di «pensarci bene. Ma bene bene».
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Per i moderati del Pd che fanno capo alla corrente Base riformista, è la dimostrazione che l'amalgama è impossibile. «Il M5S», avverte il senatore Andrea Marcucci, «sappia che liberarsi dal giustizialismo sarà precondizione richiesta per le alleanze democratiche, in Italia ed in Europa». Perché prima dell'elezione del capo dello Stato è prevista l'entrata del M5S nell'Alleanza dei socialisti e dei democratici, il gruppo parlamentare europeo cui appartiene il Pd. Fuori da tutte le famiglie politiche, oggi a Bruxelles i pentastellati contano zero, e per essere accolti tra i progressisti hanno bisogno che gli alleati garantiscano per loro. Non tutti i democratici sono favorevoli. E pure tra i grillini c'è chi ci vede la sottomissione definitiva al Pd. Oppositori pronti a diventare franchi tiratori nel momento in cui inizieranno le votazioni per il presidente della repubblica. E proprio questo è il fattore che rischia di mandare all'aria i piani di Letta e Conte: quanti, dei loro parlamentari, riusciranno a controllare? Quanti, a scrutinio segreto, disobbediranno agli ordini di scuderia, sperando di far saltare così il disegno di Bettini?