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Mario Draghi, obiettivi non rispettati: impantanato sui decreti, le cifre che lo imbarazzano

Sandro Iacometti
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Non ci sono solo le riforme a segnare il passo. Pur di andare avanti sugli obiettivi del Pnrr e sulla manovra Mario Draghi ha cercato finora di disinnescare tutte le mine politiche, congelando i dossier più caldi. Pensioni, tasse e catasto, per quanto riguarda la legge di bilancio. Balneari, notai e inceneritori per quanto riguarda il decreto concorrenza. In questo modo è riuscito a mettere il bollino a 29 dei target previsti dal Piano di resilienza, che a fine settembre erano ancora fermi a quota 13. Ma la corsa è tutt' altro che finita. Entro l'anno infatti l'asticella deve arrivare a 51, il che significa portarne a casa altri 22 in poco più di un mese e mezzo. Operazione che, con la finanziaria di mezzo, non si preannuncia proprio una passeggiata. È per questo che nell'ultima conferenza dei Capi di gabinetto sull'attuazione del programma di governo e del Pnrr, il sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli ha dovuto strigliare tutti, annunciando che da ora in poi gli obiettivi non saranno più mensili, bensì settimanali.

 

 

E guai a chi sgarra. Il problema, in realtà, non riguarda solo i macro traguardi, ma anche la messa a terra delle leggi. Eh sì, perché ogni provvedimento per diventare veramente operativo ha bisogno di decine di decreti attuativi che devono essere varati spesso di concerto con due o più ministeri. E anche qui le cose non vanno benissimo. Garofoli si è vantato dei numeri finora raggiunti dal governo Draghi, che dal suo insediamento ha portato a casa 549 provvedimenti. Un picco importante, ha spiegato il sottosegretario, è stato registrato a settembre, quanto sono stati attuati 112 decreti. I numeri sono sicuramente rilevanti e superiori agli standard dei precedenti governi, che hanno anche lasciato in eredità centinaia di leggi secondarie da approvare. Ma piuttosto che accelerare l'esecutivo sta rallentando. Se, infatti, nei mesi scorsi, come si può facilmente verificare consultando le relazioni sul monitoraggio dei provvedimenti attuativi stilate proprio da Garofoli, gli obiettivi mensili venivano regolarmente superati, a settembre ed ottobre, invece, la macchina ha perso colpi. Il target previsto per il primo mese era di 141 atti (non di 112), poiché allo stock di decreti arretrati delle precedenti legislature si era aggiunta anche una parte (48) dei provvedimenti attuativi scaturiti dal dl sostegni bis.

 

 

Stesso discorso per ottobre, dove i decreti da archiviare in base alle previsioni erano ben 120. In tutto fanno 261 atti. Ai primi di novembre, però, non si è superata la soglia dei 549 provvedimenti. Il che significa, considerato che a fine agosto era stata raggiunta quota 350, solo 199 decreti approvati, 62 in meno di quelli preventivati. Insomma, si procede a rilento. E con il duello tra governo e parlamento che da questa settimana si apre sulla finanziaria, il pantano legislativo potrebbe diventare ancora più impervio. E le ripercussioni dello stallo provocato dalla complicata partita per il Colle (e dal fatto che il premier è uno dei cavalli in gara) potrebbero anche superare i confini nazionali. Da oggi nella Ue si inizia a discutere di riforma del Patto di stabilità, tema fondamentale per il futuro dell'Italia. Servirebbe un Draghi pronto a mettere la palla in rete, non a restare seduto in panchina ad aspettare che arrivi il 90esimo.

 

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