Trieste capitale dei no vax e no green pass: "Perché la protesta dilaga", occhio alle urne
Perché la "bora sociale" si è concentrata sul nuovo "laboratorio Trieste"? Facendo della città la capitale dei no green pass e il polo di attrazione di tutti gli scontenti d'Italia, sempre pronti a battersi "contro qualcosa", qualunque essa sia. Tra i diversi fattori che si intrecciano ci sono motivi storici (esistono ancora code indipendentiste), economici (con gli autisti dell'Est che fanno concorrenza a quelli italiani), personali e locali: alle elezioni comunali i no vax hanno conquistato il 5% dei voti. Bisogna poi aggiungere il carattere dei suoi cittadini molti dei quali, per Umberto Saba hanno nel sangue dieci o dodici etnie diverse: «È questa una delle ragioni della "nevrosi" particolare ai suoi abitanti». Insomma, da una parte Trieste si sente un po' "periferica", pur essendo orgogliosa della propria "unicità".
Lo storico Elio Apih la definì una «metropoli mancata, dal localismo ipertrofico», l'unica zona in cui alleati e Urss stabilirono un confine valido solo sulla carta perché entrambi pensavano di guadagnarci a lasciare nel vago il futuro. Non per niente il gruista Stefano Puzzer è diventato un personaggio quando, nel 2015 guidò uno sciopero e paralizzò il porto. Peculiari le rivendicazioni. La manifestazione aveva infatti lo scopo di obbligare l'Autorità portuale ad applicare l'Allegato VIII del Trattato di Parigi del 1947, che istituiva il Porto franco internazionale di Trieste. Ma Puzzer fece applicare la clausola - esplicita nel testo in questione ma mai implementata che dava priorità ai triestini nelle assunzioni presso al porto. Il portavoce del Coordinamento lavoratori portuali, pur guidando un sindacato di minoranza, conquistò grande popolarità come "camallo di razza", avrebbero detto a Genova ricordando lo storico leader Paride Batini. Ecco quindi che Puzzer, come rappresentante dei lavoratori portuali di Trieste, è diventato l'uomo-immagine della protesta, o almeno il leader mediatico, perché sa interpretare la "pancia" dei suoi concittadini, anche se un po' "ruvidi".
RUVIDI CAMALLI DEL NORD EST - Puzzer, pur essendo vaccinato, guida una protesta che ormai ha ben poco di "sanitario" e ha invece assunto una deriva antisistema. Insomma, come si vede si tratta di elementi che si sono combinati di loro fino a fare un cocktail quasi da "Cigno nero", secondo la definizione di Nicholas Taleb, cioè un evento raro, imprevedibile e inaspettato; in ogni caso una sorpresa per l'osservatore. E, una volta accaduto, l'evento viene razionalizzato solo a posteriori. Riccardo Illy, simbolo dell'imprenditoria globalizzata del Nord-Est,ex sindaco di Trieste e presidente della Regione Friuli Venezia-Giulia è stato molto duro, condannando i "ricatti estremisti" contro i quali lo Stato deve intervenire. L'imprenditore triestino, che ha una visione internazionale, indica tre principali ragioni della "bora sociale".
Al primo posto mette una certa casualità, nel senso che «l'innesco fu economico perché i portuali volevano farsi pagare i tamponi dalle aziende». Una volta ottenuto il primo successo, la protesta scappò di mano e attirò quindi gli estremisti. C'è poi l'aspetto culturale e demografico. «Trieste», ragiona Illy, «è in testa alle classifiche per lettura di quotidiani e di libri. È un indice di società mediamente colta, anche se non a livello universitario o abbastanza sofisticata da distinguere, per esempio, le fake news. Infine non bisogna dimenticare che Trieste è una città di giovani pensionati. Tanta gente non lavora più ma non è anziana al punto da sentirsi minacciata dal Covid. C'è un mare di persone che non ha niente da fare; se c'è una manifestazione ci vanno per non annoiarsi».
Anche per Roberto Dipiazza, giunto al quarto mandato di sindaco: «Ad un certo punto la protesta è scappata di mano agli apprendisti stregoni e ha attirato il malcontento di tutti». È quindi utile, proprio per la sua unicità e singolarità, interrogarsi sul perché Trieste abbia tanto massicciamente saputo intercettare lo spirito no green pass.