Ddl Zan a picco, rissa tra Pd e M5s: "Chi ha gestito la vicenda si dimetta", "Avete fallito"
L'alleanza tra Pd e Movimento 5 Stelle? Più che alleanza, una rissa da saloon. Con il "sì" alla tagliola in Senato, il ddl Zan è stato di fatto affondato. Ed ecco che subito dopo il ko sulla legge-bandiera a Palazzo Madama, scatta la rissa: i dem pronti a puntare il dito contro i Cinque Stelle e viceversa. Non solo, perché i malumori sono interni agli stessi partiti con Valeria Fedeli, senatrice del Pd, che chiede le dimissioni della collega Simona Malpezzi, altrettanto piddina. "Bisogna chiedere le dimissioni di chi ha gestito questa vicenda dalla presidenza del gruppo alla Commissione Giustizia", tuona dopo il voto che de facto cancella il testo sull'omotransfobia.
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Dello stesso parere Alessandra Maiorino, parlamentare del Movimento 5 Stelle, che contro il Pd non ci va affatto per il sottile: "Politicamente sono nuova al Senato, è il primo mandato e trovo tutto strano. Abbiamo lasciato che le cose fossero condotte da chi aveva più esperienza e credibilità di noi nel mondo Lgbt, come il Pd, e questo è stato l'esito". E ancora, rincara la dose: "Mi limito a registrate questo, sono molto amareggiata e spero che politica cresca".
Già, in seguito alla votazione segreta chiesta e ottenuta dai gruppi da Lega, FdI e Fratelli Italia, il ddl Zan è destinato a morire ancor prima di nascere. La legge che prevedeva le misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per sesso, genere o disabilità sarà discussa in commissione non prima di sei mesi e necessariamente con un nuovo testo, stracciando dunque quello precedente proposto dal dem Alessandro Zan. Un epilogo che lo stesso Zan imputa a coloro che "hanno seguito le sirene sovraniste", ovvero Italia Viva, questo il sottotesto. La verità? Il Pd ha rifiutato ogni tipo di mediazione e compromesso, compresi quelli proposti da Italia Viva: i renziani erano favorevoli alla legge, ma cercavano un ragionevole compromesso con le forze di maggioranza. Niente da fare, Enrico Letta non ha voluto arretrare di un millimetro.
E così, anche Italia Viva getta benzina sul fuoco. "Oggi questa Aula avrebbe potuto dare la prova di avere veramente a cuore le tante vittime di violenze di crimini di odio e discriminazione, approvando una legge per dare a tutti il diritto di vivere la propria vita senza essere perseguitati. Invece no, l'arroganza e il becero calcolo politico ha sopraffatto anche quelle forze politiche da sempre vicine alla necessita di ampliare la sfera dei diritti civili", rimprovera i compagni di governo Daniela Sbrollini. Uscita a cui è seguita la replica Mario Perantoni, presidente della commissione Giustizia della Camera, nonché deputato M5S: "Sono basito da quanto è successo al Senato. Un voto segreto ha affossato un provvedimento su cui vi è larghissimo consenso, contemporaneamente una forza politica, Italia viva, corresponsabile di questo esito rovinoso, addossa ad altri le responsabilità. Uno scenario che rende la politica un terreno sempre minato". Già, non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire...