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Marcello Sorgi, il retroscena: "Mentre Berlusconi accoglieva Salvini e Meloni...", un grosso guaio in Forza Italia

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C'è una grossa incognita sul "patto della pera cotta" tra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. E si chiama Forza Italia. Nel suo editoriale sulla Stampa, Marcello Sorgi riserva al partito azzurro parole non proprio dolci a poche ore dalla conclusione del vertice di Villa Grande, a Roma, tra il Cav e i leader di Lega e Fratelli d'Italia. Sul tavolo tante promesse pesanti, dal piano congiunto per il Quirinale al sistema elettorale. Un menù in grado di "ribaltare" tanto il centrosinistra di marca giallorossa quanto chi, dal centro, sta allestendo trame complicate e trasversali.

 

 

 

 

 

"Occorrerà vedere, certo, quanto le promesse di ieri corrisponderanno a fatti e comportamenti - chiosa Sorgi -. Basti pensare che mentre il Cavaliere faceva da chaperon ai suoi piuttosto ammaccati ospiti, i deputati di Forza Italia litigavano sulla scelta del nuovo capogruppo alla Camera". Non il migliore dei segnali, visto che la rivolta coinvolge big forziste come Mariastella Gelmini e Mara Carfagna.

 

 

 

 



Lo "scarno comunicato" che ha coronato il faccia a faccia a tre, come lo definisce Sorgi, è comunque destinato a segnare i prossimi mesi. Un incontro a settimana, per fissare una linea comune, e una candidatura condivisa e unitaria sul prossimo presidente della Repubblica, hanno sottolineato Berlusconi, Salvini e Meloni. "È un alt concreto - sottolinea Sorgi - alle aspirazioni di ricostruzione di un centro politico, vagheggiate esplicitamente da Calenda, ma condivise anche da Renzi, che puntavano ad allontanare Forza Italia dai suoi alleati populisti e euroscettici collocati in Europa su posizioni più vicine a quelle di Orban e del gruppo di Paesi sovranisti".

 

 

 

 

 

 

Il rimando diretto è a quanto accaduto quasi 7 anni fa, con l'ultimo totoColle. All'epoca, nel 2015, "la rottura tra Renzi e Berlusconi su Mattarella portò alla fine del 'patto del Nazareno' e segnò l'inizio del declino della leadership renziana, che si sarebbe concluso alla fine dell'anno successivo con la sconfitta al referendum costituzionale". Certo, qua non c'è un leader volatile come il fondatore di Italia Viva, ma uno statista solidissimo e in apparenza inscalfibile come Mario Draghi, uno che sembra poter governare facendo a meno di qualsiasi legittimazione elettorale. La vera partita, però, si giocherà probabilmente sulla legge elettorale, preambolo di qualsiasi crisi di governo e foriera di scenari inattesi alle urne. Dal centrodestra è arrivato un no preventivo a qualsiasi ipotesi di riforma in senso proporzionale. "Ciò che consentirebbe una sorta di 'liberi tutti' all'interno di coalizioni logore o tenute insieme solo da interessi e scadenze circoscritte". Se quel no regge, il centrodestra può ambire legittimamente a dettare legge. 

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