La "rivoluzione" al Quirinale passa anche da piccoli movimenti. Sergio Mattarella sarebbe a un passo dall'addio, una scelta quasi naturale che apre però spiragli di grande instabilità politica nei Palazzi romani. Il quadro come noto, è molto fluido: se il presidente della Repubblica decidesse di "sacrificarsi" come vorrebbero molti esponenti dei partiti della maggioranza, la legislatura di fatto si "cristallizzerebbe" con Mario Draghi premier e un governo stabile più o meno fino a fine legislatura, nel 2023. Se si aprisse la casella del Colle, invece, da qui a febbraio 2022 si scatenerebbero geometrie pericolosissime per la tenuta di questa maggioranza, perché gli incroci e gli inciuci sotterranei tra i vari partiti aprono spiragli impensabili sia per il nome del nuovo capo dello Stato che per gli assetti politici futuri.
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Come riporta il Corriere della Sera, uno dei segnali della "chiusura" del settennato mattarelliano è intravisto nel passaggio del consigliere giuridico di Mattarella, Cabras, al Consiglio di Stato, avvenuto venerdì 15 ottobre. Un evento "vissuto come un ulteriore segnale che l'attuale presidente della Repubblica non intende farsi rieleggere", scrive il retroscenista principe di via Solferino, Francesco Verderami.
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E via dunque di scenari quirinalizi. L'ultimo e più accreditato, riferisce di fitti colloqui "familiari" tra Enrico Letta, segretario del Pd, e suo zio Gianni Letta, il fedelissimo di Silvio Berlusconi e mediatore per eccellenza di Forza Italia. Una trama che potrebbe convergere su Giuliano Amato, ex ministro e premier socialista che troverebbe il gradimento dei vertici azzurri e che certo non potrebbe facilmente venire liquidato al Nazareno come "impresentabile". In ogni caso, sarebbe un bello scossone per la maggioranza rimasta arroccata, spesso controvoglia, intorno a Draghi fino a oggi.