Cerca
Cerca
+

Giorgia Meloni, "fascismo e Tolkien". Repubblica fuori controllo: "Perché non condanna Mussolini"

  • a
  • a
  • a

"Fascismo e Tolkien. L'educazione sentimentale di Giorgia-Calimera". Titola così La Repubblica un articolo di Stefano Cappellini su Giorgia Meloni. Il pezzo comincia con questa frase della leader di Fratelli d'Italia: "In Fratelli d'Italia non c'è spazio per i nostalgici del fascismo". Frase che "è parsa a qualcuno una svolta". Ma attenzione si legge, "chi conosce bene la formazione politica della leader di FdI sa invece che Meloni avrebbe potuto pronunciarla identica anche 30 anni fa, perché nella comunità politica che l'ha accolta e svezzata quando quindicenne si presentò all'uscio della sezione del Movimento sociale italiano di via Guendalina Borghese, nel quartiere romano e politicamente ostile della Garbatella, la lotta al nostalgismo missino, al fascismo parruccone dei busti di Mussolini e di quando c'era Lui, era già la cifra ideologica del gruppo".

 

 

Quindi Cappellini ricorda che "la comunità era nota con il nome I Gabbiani, omaggio al culto del romanzo Il gabbiano Jonathan Livingston" e che "l'animatore era l'architetto ed ex nuotatore professionista Fabio Rampelli, il Capo, oggi parlamentare di FdI e vicepresidente della Camera dei deputati. La scomunica dei nostalgici e dei dirigenti in doppiopetto non significava certo che i Gabbiani ripudiassero il fascismo. Tutt'altro", si sottolinea. Insomma non erano anti-fascisti, semplicemente "rifiutavano la tensione reazionaria alla sua riproposizione. Il fascismo, per loro, era un patrimonio emotivo, un album di famiglia, la ragione irrazionale ma consapevole, e genetica, del loro impegno politico". E quando la Meloni, attacca Cappellini "non riesce a pronunciare una condanna chiara del fascismo pur non essendo fascista, è a quella educazione sentimentale che è ancorata". 

 

 

E ancora: "Dal rautismo avevano mutuato la lezione dei Campi Hobbit e la mitologia ispirata a J.R.R. Tolkien, l'autore del Signore degli anelli . Uno dei primi riti che la giovanissima Meloni scoprì fu il tolkeniano 'richiamo del corno', cioè la convocazione settimanale della comunità per la lettura di brani nella sezione di Colle Oppio. Seduti in circolo, le mani dietro la schiena, non declamavano solo autori di area, come il teorico della nouvelle droite Alain de Benoist o lo scrittore francese e collaborazionista Pierre Drieu La Rochelle, ma anche brani di Antoine de Saint-Exupéry, testi di Fabrizio De Andrè e Francesco Guccini". Lo sfregio è servito.

 

 

Dai blog