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M5s, si apre il processo a Giuseppe Conte: "Raccolta firme per farlo dimettere", già i titoli di coda?

Francesco Specchia
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La militante rabbiosa, la silfide in secrezione biliare, la prima ad essere talmente illivorita da crocefiggere il capo al Colosseo (se fosse stato a Roma) è stata Virginia Raggi. C’è un motivo se l’ex sindaca della Capitale, l’altra sera, dopo la sconfitta, in conferenza stampa, si avvitava in una crisi di nervi al punto da divorare il microfono. Quel motivo si chiama Giuseppe Conte.

 

Mentre infatti a Roma il Movimento Cinque Stelle sprofondava sulle proprie macerie, Conte ha pensato bene di abbandonate “Virgi” al proprio triste destino, ed è corso a Napoli a cointestarsi la vittoria corposa di Manfredi. Rivela il sito Dagospia: “L’avvocato di Padre Pio, quando il successo dell'alleanza Pd-M5s sotto il Vesuvio ha iniziato a prendere forma, ha nicchiato. Avrà pensato: mi conviene restare a Roma a sciropparmi 'sto tracollo invece di festeggiare un trionfo, con tutta la pummarola 'ncoppa?”. Conte s’è fatto due conti. S’è accorto che a Napoli, già pronti per una photo opportunity col vincitore, c’erano Fico e Di Maio e Provenzano e De Luca; e “a quel punto Conte ha rotto gli indugi: ha smollato Virginia Raggi alla sua debacle, si è precipitato a Napoli di volata e si è incuneato nell'imbarazzante passerella accanto al neo-sindaco. C'erano tre grillini in processione a omaggiare Manfredi” scrive sempre Dago. E nessun grillino che ci fosse a porgere le esequie politiche a alla Virgi. La quale Virgi -colei che, comunque, tra i grillini ha rastrellato più voti in Italia- era furibonda; e questo nonostante il suo boss l’avesse ringraziata da lontano per il lavoro svolto. Metteteci anche che i maligni parlano di una forte voglia dell’avvocato di occupare il seggio parlamentare Pd eventualmente lasciato libero, se Gualtieri vincesse il ballottaggio (e può vincerlo); e capirete che il malcontento verso il Presidente comincia a trasformarsi in un processo silenzioso. A ruota della Raggi, ecco lapidare Conte e lasciare il partito anche Marina Forte, presidente della Commissione Anti Mafia in Lombardia: “Voi dovete essere convinti del nuovo corso... mi dovete seguire... dovete essere in sintonia con me... se c’è qualcuno che non è convinto, è meglio perderlo perché quello crea una zavorra interna. Caro Presidente Conte, ebbene, non sono convinta. E lungi da me il voler diventare una zavorra interna, per questo lascio. Non sono convinta perché questa non è l’evoluzione del Movimento 5 Stelle, questo è il nuovo partito di Conte che, a iniziare dallo Statuto e continuando con la comunicazione e con la gestione delle amministrative, nulla ha a che vedere con il Movimento 5 Stelle”. Dopodiché ecco infierire sullo statista appulo pure Valentina Sganga, candidata perdente a Torino che, ai microfoni del Tgr Piemonte: «Saremo comunque all’opposizione, difenderemo i buoni risultati di questi anni a partire da ambiente, giovani e periferie. Se ho sentito i vertici M5S? No, mi è dispiaciuta la presenza solo a Napoli, secondo me per ripartire bisogna mettere la faccia anche nelle città dove si perde, come Torino e Roma”. Per non dire del crudele Alessandro Di Battista il quale, preparandosi a fondare(forse) un nuovo movimento, sulla nuova funzione contiana di ruota di scorta del Pd esplode una battuta deliziosa: “Dai francescani a Franceschini…”.

 

La verità è che Conte, nonostante abbia deciso di non presentarsi nel 35% dei Comuni amministrati, ora vede l’abisso. Non è impresa facile perdere una media del 68% degli elettori rispetto alle performance pentastellate del 2016. Calabria- 85%, Napoli -81%, Roma -65%, Trieste -85%, Cerignola -95%: per il M5S, democraticamente e geograficamente, a livello di flessione in percentuale elettorale, è stato un bagno di sangue. E hai voglia, Giuseppi, a tentare d’insufflare speranza ai suoi; e “i dati non possono compromettere il nuovo corso del Movimento 5 stelle”; e “le proiezioni confermano l'enorme potenzialità del nuovo corso e la prospettiva politica seria di lavorare assieme alle forze progressiste, Pd ma anche le altre forze. I dati di Napoli e Bologna sono politicamente molto importanti, se dovessero confermarsi queste proiezioni, che mi sembrano molto indirizzate, dovremo già fare i complimenti ai candidati”; e “anche i passaggi non in linea con le nostre ambizioni non possono compromettere il nuovo corso”. A questa storia del nuovo corso strombazzato neanche fosse la nuova frontiera kennedyana non ci crede più nessuno. Non è un caso che, in questo ora, stia girando via web la petizione Change.org diretta a Beppe Grillo per spingere verso le “dimissioni di Giuseppe Conte da capo politico del M5S”. E le motivazioni promanano dalla vecchia guardia del Movimento: l’aver tradito gli ideali di democrazia dal basso di Gianroberto Casaleggio e il “meschino, interessato, supporto elettorale ad un altro partito (il Pd) che il Movimento voleva combattere”. Insomma, diciamo, che la prima uscita elettorale dell’ex premier non è stata un trionfo. Metteteci anche che il quotidiano Domani sta sfruculiando appassionatamente su Luca Di Donna, amico e fedelissimo di Conte, indagato per associazione a delinquere finalizzata al traffico di influenze illecite e che l’indagine potrebbe allungarsi su Conte stesso.

 

E aggiungeteci che Grillo proclama via Twitter: “Dodici anni fa abbiamo fatto l'impossibile. Ora dobbiamo fare il necessario!”, che non si sa bene cosa significhi ma quando parla Grillo da incazzato, non c’è mai nulla di buono. Perfino il portale ufficiale del Movimento 5 Stelle, fino a ieri, ignorava bellamente i risultati delle amministrative, e si limitava a farsi gli auguri per i suoi 12 anni di vita. Viva la vita. Finché c’è vita c’è speranza…

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