Gianluigi Paragone, "democrazia distrutta"? No, distrutto lui: le cifre del rovinoso flop a Milano
Una vera e propria batosta per Gianluigi Paragone. L'ex grillino oggi leader di Italexit si è posizionato al terzo posto alle amministrative di Milano. Dopo di lui solo la sfidante del Movimento 5 Stelle, Laila Pavone. Ma il problema sono le cifre: Paragone si è fermato al 3,1 per cento dimostrando di non essere riuscito a collezionare i voti dei no-vax e i no-green pass ai quali ammiccava. "Neutralizziamo il green pass", scriveva su Facebook alludendo a una "finta emergenza" e denunciando la "distruzione della democrazia". Eppure la sua battaglia non sembra averlo portato lontano. Anzi, la parabola politica di Italexit sembra già conclusa.
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Facendo della protesta la sua cifra stilistica, Paragone si è dissociato dal Movimento 5 Stelle nel 2020. Il divorzio con i Cinque Stelle si è formalizzato solo il primo gennaio quando, votando contro la Legge di bilancio e il governo giallorosso, è stato espulso dal Movimento. Ecco allora che durante l'estate dello stesso anno, a ridosso dell'uscita del Regno Unito dall’Unione europea, ha fondato il suo partito nella speranza di spingere anche l'Italia fuori dall'Ue. Un'illusione. Anche quella partita per il senatore si è rivelata un flop.
Non è servito neppure il programma elettorale che tra le altre cose prevedeva di "tassare i grandi del tech, senza alcuno sconto", una moneta complementare civica, una maxi stangata invece per i cittadini di origine extracomunitaria che volessero aprire un bar o ristorante in città e via dicendo. Senza dimenticare la promessa: "Se eletto sindaco Milano tamponi gratis a tutti". Non c'è pericolo.