Matteo Salvini, "altri ingressi in Forza Italia": tam-tam in Parlamento, addio alla Federazione?
La tabella di marcia prevedeva un primo passo sulla strada della Federazione - con la creazione degli "speaker" unici Forza Italia-Lega a Montecitorio e Palazzo Madama - dopo il voto amministrativo. Una tempistica scelta non a caso, visto che il voto locale, a carattere proporzionale, impone di valorizzare le identità dei singoli partiti. Bisognerà vedere cosa resterà, del progetto di avvicinare le due forze del "centrodestra di governo", dopo la giornata di ieri. Quando - con una mossa definita al quartier generale azzurro «incomprensibile, un fulmine a ciel sereno» - Matteo Salvini non solo ha deciso di fare "campagna acquisti", seppure locale, tra le fila degli alleati, ma ha anche impresso un colpo di freno niente male proprio alla Federazione: «Mi sembra che qualcuno non la voglia...». Il leader del Carroccio parla nel corso di una conferenza stampa organizzata a Milano, in compagnia del coordinatore lombardo della Lega, Fabrizio Cecchetti. Una presenza non casuale, visto che Salvini annuncia il passaggio nel gruppo del Carroccio di tre forzisti: del presidente del Consiglio regionale, Alessandro Fermi, e di altri due esponenti lombardi: Mauro Piazza (consigliere regionale, presidente della commissione Autonomie) e Daniele Nava, ex presidente della Provincia di Lecco.
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ALTRI ARRIVI IN VISTA
Una mossa con la quale Salvini, dopo l'abbandono di Francesca Donato a Bruxelles, passa dalle parole dai fatti a proposito dell'affermazione «per uno che va, dieci ne entrano...». Detto, fatto: ieri è stato il turno di tre esponenti locali, cui nei prossimi giorni potrebbero aggiungersi, secondo indiscrezioni, Alan Rizzi e Simona Tironi. E presto potrebbe toccare, come anticipato dallo stesso numero uno del Carroccio, ad «alcuni parlamentari di diversi partiti, non solo di centrodestra». I nomi che girano sono quelli di Francesco Scoma (ora di Italia Viva) e Walter Rizzetto (di Fratelli d'Italia, che però smentisce: «Mai pensato di lasciare Giorgia Meloni) a Montecitorio, e di Luigi Vitali (pure lui di FI) a Palazzo Madama. Un'offensiva con la quale Salvini, dopo le fibrillazioni interne sul green pass e gli ultimi abbandoni, punta a confermare l'attrattività del Carroccio. Il problema è che questa scossa, a suon di nuovi arrivi, arriva a dieci giorni dal voto e a danno di quello che dovrebbe essere il partner nella futura Federazione, ovvero Forza Italia, dove infatti non l'hanno presa per niente bene. Per la tempistica, più che per i nomi: «Incomprensibile, a dieci giorni dal voto». Lo stesso Silvio Berlusconi, confermano fonti azzurre, è apparso molto infastidito dalla mossa di «Matteo». Non a caso da Forza Italia e alleati arrivano i tweet di Elio Vito («non si può continuare a parlare di Federazione e anche ad essere alleati di chi in piena campagna elettorale accoglie in pompa magna tre nostri consiglieri regionali») e Gianfranco Rotondi («Donat Cattin avrebbe fatto saltare l'alleanza, altro che...»). Il guaio è che Salvini ha mostrato direttamente i muscoli pure sulla Federazione. «L'ho proposta nella primavera scorsa, mi sembra che qualcuno non la voglia e io le cose controvoglia non le impongo a nessuno. Mi spiace, ne prendiamo atto».
DUELLO EUROPEO
Il riferimento è agli esponenti di FI più recalcitranti, come ad esempio Mariastella Gelmini, ministro degli Affari regionali. Ma non è finita qui. Perché ieri si è anche allargato il solco che attualmente divide Lega e azzurri a Strasburgo. «Il voto tedesco cambierà gli equilibri. Avere tre centrodestra divisi al Parlamento Ue, un pezzo nei Popolari, uno nei Conservatori, uno negli identitari, ci dà meno forza, non contiamo un fico secco da nessuna parte: uniamo le forze, superiamo egoismi». Secca la replica di Antonio Tajani, vicepresidente e coordinatore azzurro: «Non è possibile fare un gruppo unico. Su quali basi? Si può dialogare, ma è difficile». Anzi, è «impossibile per il Ppe» - di cui Tajani è vicepresidente- «dialogare con Afd e Marine Le Pen», due formazioni invece con le quali la Lega va a braccetto nel gruppo "Identità e democrazia".