Matteo Salvini, 4 leghisti su 10 assenti al Senato per il Green Pass? La deputata Boldi e il retroscena: cosa c'è dietro
Il governo ottiene la fiducia alla Camera sul secondo decreto Green pass, e dietro al titolo, come al solito, sono i numeri che forniscono la radiografia della sostanza politica. A livello generale, sono stati 413 i sì, 48 i no e un astenuto. E però, come accaduto in queste settimane, alla vigilia dell'appuntamento il partito maggiormente "attenzionato" per il pallottoliere era la Lega, nel corso di settimane in cui il segretario Matteo Salvini ha progressivamente abbracciato la linea «governativa» sul certificato verde e i vaccini, pur tra esplicite perplessità. Dunque, il partito di via Bellerio nel voto di ieri contava la maggior quota di parlamentari che non hanno partecipato al voto, rispetto alle altre formazioni.
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Per la precisione 52, pari al 40%, di cui 11 in missione e 41 assenti ingiustificati. I presenti, dunque, erano 80, per il 60% del gruppo. Facendo una panoramica degli altri partiti, il Pd ha risposto al voto con il 92% degli eletti, il Movimento 5 Stelle con il 77%, Forza Italia con il 68% e Fratelli d'Italia per il 78%. Va però detto che sia sul piano aritmetico in Aula sia su quello dei toni utilizzati, il clima esteriore è ben diverso rispetto a quando Montecitorio approvò il primo decreto Green pass. Allora partecipò al voto appena il 34% dei componenti dei leghisti, e la dichiarazione di voto, per quanto non fosse stata postala questione di fiducia, era stata affidata a Claudio Borghi, portabandiera di quell'area minoritaria del partito sensibile alle piazze che protestano contro il certificato e contro la campagna vaccinale. Borghi, nonostante avesse annunciato il voto favorevole al provvedimento, utilizzò parole durissime sul green pass.
PERPLESSITÀ E SFUMATURE - Ieri non era presente a nessuna "chiama". E a parlare per la Lega è stata Rossana Boldi, che ribadisce la linea delle pretese su vari temi, ma comunque non demolisce la natura del certificato verde. E afferma: «Quando ho capito da vaccinista convinta che il Green pass era una spinta pressante alla vaccinazione, non uso obbligo surrettizio perchè so che qualcuno potrebbe urtarsi, ho avuto qualche perplessità anche se ha funzionato imprimendo una accelerazione alla vaccinazione. Il Green pass serve a non chiudere più, ma a noi non basta». E infatti non manca la parte critica: «La vita degli italiani-afferma- oggi dipende dal possesso di un Qr code, non da un vaccino. La gente non deve impazzire per avere il Green pass. Le nostre mail sono piene di richieste di cittadini che sono bloccati in un limbo. Abbiamo cercato di risolvere i problemi, e insisteremo sulla validità per 12 mesi del Green pass per i guariti e per l'indennizzo ai malati». Comunque c'è quell'espressione, «vaccinista convinta» che sottolinea il timbro della svolta del nuovo messaggio della leadership salviniana. Aldilà dei mal di pancia che questo possa provocare nella minoranza leghista più incline alla piazza, specie dopo l'addio dell'eurodeputata Francesca Donato, che fibrilla ma non crea scossoni evidenti. Così proprio Salvini, interpellato a Porta a Porta sulle sensibilità interne, assicura: «C'è la Lega, punto. È chiaro che il primo partito del Paese che ha milioni di italiani che gli danno fiducia ha sfumature diverse, però noi vogliamo tenere insieme salute e lavoro».
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MATTARELLA HA FIRMATO - E così il governo può incassare comodamente un'altra partita (ieri sera il presidente Mattarella ha firmato il decreto che estende il Green Pass), tanto che persino il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte si è ritrovato a commentare in maniera ecumenica: «Che ci siano i voti della Lega è un fatto positivo, dobbiamo riconoscerlo». Sul ricorso alla fiducia, però, si è aperta un'altra polemica, dato che, oltre a quello sul Green pass, a ieri ne pendevano altri 4, tutti al Senato. In serata è arrivato quello al ddl per la riforma del processo civile (201 sì e 30 contrari). Poi oggi è la volta di due distinte votazioni su quella del processo penale, una delle quali riguarderà le norme direttamente operative, l'altra sulla delega per il governo. Infine, il passaggio anche nell'altro ramo del Parlamento del dl Green pass bis. Il taglio al dibattito ha suscitato aspre critiche da parte di Fratelli d'Italia. Il cui presidente dei senatori, Luca Ciriani, denuncia l'«azzeramento del ruolo del Parlamento nel disinteresse totale delle istituzioni e della stampa» e aggiunge: «Il Senato stabilisce un nuovo record: non esiste un precedente di una fiducia posta ogni 12 ore». Durissimi i toni usati dalla leader del partito, Giorgia Meloni, che parla di un «Parlamento mortificato» in cui «l'opposizione non è in grado e non può dire la sua. Si tratta di una deriva davvero preoccupante per la nostra democrazia».