Giuseppe Conte, la maxi-consulenza da 400mila euro (su cui Il Fatto Quotidiano sorvola)
Per oltre un anno, con la scusa che i verbali «non erano attendibili» in quanto non firmati e per «non compromettere le indagini», il Fatto Quotidiano ha tenuto in un cassetto le dichiarazioni dell'avvocato Piero Amara sulla loggia Ungheria. Una scelta "deontologica" che ha tutelato Giuseppe Conte, quando era presidente del Consiglio, dal fango nel ventilatore. «Vietti mi chiesedi far guadagnare denaro ad avvocati e professionia lui vicini e avvenne in quel periodo con l'avvocato Conte, oggipremier, a cui facemmo conferire un incarico dalla società Acqua Marcia spa di Roma, incarico che fu conferito a lui e al professor Alpa grazie al mio intervento su Fabrizio Centofanti che all'epoca era responsabile delle relazioni istituzionali e degli affari legali di Acqua Marcia», raccontò Amara a dicembre del 2019 ai pm di Milano.
«L'importo che fu corrisposto da Acqua Marcia ad Alpa e Conte era di 400mila euro a Conte e di un milione di euro ad Alpa». «Questo l'ho saputo da Centofanti che si arrabbiò molto perché il lavoro era sostanzialmente inutile trattandosi della rivisitazione del contenzione della società, attività che fu svolta da due ragazze in poche ore e l'importo corrisposto fu particolarmente elevato», aveva aggiunto. «Non ho nulla a che fare con i loschi traffici di Amara, non l'ho mai conosciuto. Trecento pareri legali mi hanno occupato per quasi un anno, quindi quel compenso era il minimo: tutte quelle parcelle hanno passato il vaglio del tribunale e dei commissari giudiziali nominati dai giudici fallimentari», la risposta di Conte. Acqua marcia era controllata da Francesco Bellavista Caltagirone.
Dopo la consulenza per Acqua Marcia, finita in concordato, Conte aveva lavorato per l'imprenditore Leonardo Marseglia nella compravendita di un albergo a Venezia, nel portafoglio della società di Caltagirone. Un potenziale conflitto d'interessi: Conte, già consulente di Acqua Marcia (di cui conosceva i documenti del concordato), aveva assistito Marseglia che del concordato era il beneficiario. Gli incarichi «non sono entrati in conflitto, trattasi di epoche diverse: il primo risale al 2012-13, mentre quello per Marseglia risale a due annidopo. E comunque il contenuto dell'incarico non era tale da creare potenziali conflitti», la replica di Conte.
Amara raccontò i problemi di Acqua Marcia per omologare il concordato. Per l'omologa serviva nominare gli avvocati «Enrico Caratozzolo, Guido Alpa e Giuseppe Conte». Alla domanda su chi fosse il giudice che ha gestito il concordato, Amara ebbe delle amnesie. E su queste dichiarazioni è pendente da mesi a Roma un procedimento, senza indagati, per bancarotta per dissipazione.
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