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Romano Prodi, il Quirinale e Mattarella: "Credo che un siciliano silenzioso...". La clamorosa spallata a Draghi in campagna elettorale
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Di Quirinale e pugnalate alle sue spalle, Romano Prodi è tra i massimi esperti in Italia. Eterno candidato al Colle (e sempre trombato dalla "sua" sinistra), l'ex premier intervistato da Fabio Martini sulla Stampa avverte i diretti interessati: i nomi che stanno uscendo ora sono "un gioco senza senso, la partita si aprirà subito dopo le elezioni amministrative di ottobre, quando i partiti conosceranno il loro stato di salute". Sull'eventuale bis di Sergio Mattarella, gradito a molti leader, il professore è scettico: "Penso che i siciliani silenziosi difficilmente cambiano idea". Tradotto: il presidente non accetterà di restare in carica per togliere le castagne dal fuoco ai partiti.
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A giudicare dalle considerazioni di Prodi, però, un nome per il Quirinale è fattibile: quello di Mario Draghi. E questo perché il premier in carica, oltre che uomo preferito da Matteo Salvini e da molti ambienti europei, potrebbe avere nelle prossime settimane talmente tante turbolenze da farlo arrivare debolissimo al prossimo inverno. E la causa potrebbe essere proprio la campagna elettorale (e post-elettorale) di Enrico Letta.
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L'aria di elezioni è già pesante, decisiva. I pronostici e i sondaggi sono molto frastagliati: il centrodestra, come coalizione, è decisamente avanti ciononostante potrebbe perdere al secondo turno in città importanti come Milano, Roma, Bologna, Napoli. Il consiglio di Prodi al segretario, infatti, sa tanto di spallata mascherata a questa maggioranza e alla alleanza forzata e contronatura con la Lega: "Se il Pd deciderà di spingere per una politica di forte rivendicazione dei diritti sociali, lavoro, scuola, salute, case, i voti pioveranno".
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Quindi, premere sull'acceleratore su temi come migranti, accoglienza, Ius soli, Ddl Zan. Con tanti saluti al Capitano. E a SuperMario. Oppure, ed è il sospetto che gira al Nazareno, tanti saluti a Letta, visto che i consigli dell'ex Mortadella sembrano un assist al "cambiamento" rappresentato dal governatore emiliano e suo grande amico Stefano Bonaccini, eterno pretendente alla leadership del Pd al posto di Enrico.
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