Forza Italia, indiscreto: chi guida la rivolta contro Giorgia Meloni, "senza di noi non state in piedi"
Fra Matteo Salvini e Giorgia Meloni, i “promessi sposi” del centrodestra ritrovatisi sulla sponda nel lago di Como (al Forum di Cernobbio), c’è un terzo protagonista che non intende porsi di certo come uno degli antagonisti della saga manzoniana. Né, tantomeno, si sente un terzo in comodo. Al contrario: «Noi siamo, come sempre, l’elemento di stabilizzazione del sistema del centrodestra».
Così ieri Anna Maria Bernini, a domanda sulle «prove tecniche di governo» rilanciate domenica dal mini-vertice informale fra i leader di Lega e FdI, ha rivendicato il posizionamento di Forza Italia all’interno dell’“unione” destinata a confermarsi ben oltre la sfida delle città del 3 e 4 ottobre. Un ruolo che secondo il presidente dei senatori di Fi va al di là del bacino di rappresentanza: «Non siamo solamente un polo moderato, noi siamo coloro che riescono a tenere un sistema dove spesso è necessario fare delle mediazioni». Interessante capire dove: «Lo abbiamo fatto sui programmi delle Amministrative, lo stiamo facendo su grandi temi economici, sociali e sui temi sanitari di oggi». Un riferimento quest' ultimo, non casuale, alla diversità di vedute fra gli azzurri e la Lega sul nodo green pass e obbligo vaccinale. Se per Bernini è Forza Italia dunque che «fa la differenza», senza questa «non esisterebbe il centrodestra». Ne è convinto Sestino Giacomoni - membro del coordinamento di presidenza del partito - nel sottolineare ciò che il Cavaliere ha avuto modo di ribadire quest' estate dopo aver ospitato i "bilaterali" in Sardegna con Meloni e Salvini: «Berlusconi ha dato vita al centrodestra unito ventisette anni fa ed ancora oggi Forza Italia ne è il collante, il trait d'union, l'elemento imprescindibile, la conditio sine qua non».
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UN TAGLIANDO - Se per gli azzurri la coalizione ha i motori accesi in vista del 2023 (se non prima), per i "piccoli" del centrodestra il combinato disposto fra l'emergenza pandemica e l'avvento di Draghi richiede un tagliando per tutta la coalizione. Gaetano Quagliariello, vicepresidente di Coraggio Italia, è convinto ad esempio che al momento ciò che tiene insieme le alleanze «sono soprattutto le leggi elettorali, ancor più che le Politiche». Per questo motivo il coordinamento fra gruppi parlamentari a suo avviso non basta: «Al centrodestra servirebbe un'officina delle idee per capire come costruire una proposta di governo, in cui ci siano accenti diversi». Diversi sì ma non troppo: «Gli accenti sono una ricchezza ma devono essere accenti; e non un modo completamente differente di svolgere il tema».
GLI ACCENTI A POSTO - Chi pensa invece che gli accenti siano già a loro posto è proprio Matteo Salvini che ieri è tornato a benedire l'intesa con FdI e Forza Italia. «L'alleanza che cambierà questo Paese sarà quella di centrodestra. È fantasia fare la flat tax con Letta e Conte». L'esperienza Draghi, dunque, è a tempo. «È chiaro che stiamo dentro a quello attuale per limitare i danni di Pd e M5S». Nessun problema, poi, sul nodo premiership fra lui e Meloni: «Il candidato sarà chi prenderà più voti: lo decideranno gli italiani». Ottimista pure l'anima governista del Carroccio. «Oggi - ha commentato il governatore del Friuli Fedriga - due forze del centrodestra sono dentro la maggioranza e una all'opposizione, ma è chiaro che siamo di fronte a un governo d'emergenza». Concluso questo, «quando la politica tornerà nelle sue normali dinamiche, la coalizione sarà unita come è ora alle elezioni amministrative».