Reddito di cittadinanza, ecco perché è il Pd a odiare il lavoro (e non la destra i poveri)
C'è un nuovo slogan a sinistra: «Non si rendono conto di che cosa è la povertà». L'ha lanciato l'altro giorno il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, replicando a Giorgia Meloni, che aveva paragonato il reddito di cittadinanza al «metadone di Stato». Giuseppe Conte lo ha rilanciato ieri: «La politica dovrebbe chinare il capo di fronte alla povertà assoluta». Lo sentiremo ripetere spesso, perché a ottobre si vota e la prebenda grillina, difesa coi denti pure dai compagni di Leu e da tre quarti del Pd, è tema di campagna elettorale, in particolare nel Mezzogiorno e a Napoli. Vuoi togliere il reddito di cittadinanza? Sei uno snob che se ne frega di chi non riesce ad arrivare a fine mese. Ora, è impossibile sapere con esattezza cosa sappia di povertà la Meloni. L'impressione è che la presidente dei Fratelli d'Italia, nel quartiere popolare della Garbatella dove è cresciuta, lontano dal padre e figlia di una madre che, come racconta, «lavorava sempre, inventandosi mestieri ogni volta diversi», perché «di soldi non ce n'erano mai abbastanza», si sia fatta più esperienza sull'argomento dell'intera nomenklatura del Partito democratico (che infatti nelle borgate rimedia solo ceffoni, a differenza di Fdi).
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CONOSCENZA ZERO
In ogni caso non è importante, perché il punto non è ciò che la Meloni sa di povertà, ma quello che Orlando e i suoi compagni rossi e pentastellati sanno di lavoro: ossia zero. A partire dallo stesso ministro del Lavoro, 52 anni, gli ultimi 32 dei quali trascorsi da apparatchik dipartito, dove la fatica principale consiste nel destreggiarsi tra le correnti e scegliere quella giusta prima del congresso. Ignorano il lavoro non solo in quanto attività fisica, visto che la maggior parte di loro non l'ha praticato né ha mai rischiato un euro dei propri risparmi in un'impresa (meglio farle con i soldi degli italiani, certe avventure), ma pure in quanto strumento di avanzamento morale ed economico per l'individuo e la società. Com' era quella frase detta da Ronald Reagan nel 1982? «Il miglior programma sociale è un posto di lavoro produttivo per chiunque sia disposto a lavorare». Questo è il punto. C'è più etica e rispetto per i poveri nelle parole del presidente repubblicano da loro detestato che in tutto l'elogio del fancazzismo pubblicamente assistito con il quale Pd, Cinque Stelle e Leu sperano di vincere le amministrative di ottobre e le elezioni politiche che seguiranno. Un pietismo peloso suggellato dalla frase con cui pretendono di chiudere ogni polemica: «Chiedetelo a chi lo percepisce, se il reddito di cittadinanza serve o no».
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MANCIA ELETTORALE
E grazie: un governo che toglie soldi a Pietro per darli a Paolo potrà sempre contare sull'appoggio di Paolo (memorabile frase di George Bernard Shaw), ma ciò non significa né che ciò sia giusto né che serva alla società e allo stesso beneficiato. Il quale finisce presto per trovarsi dipendente dal sussidio, privato di ogni voglia di lavorare dalla più razionale delle motivazioni: non ha alcuna convenienza a farlo, perché tanto è pagato lo stesso. Lo spaccio di metadone da parte dello Stato-pusher, così come la Meloni lo ha fotografato. Ovviamente, sotto la verniciata di politica compassionevole c'è il calcolo spiccio del voto di scambio. Chi vuole continuare a incassare l'assegno (a luglio oltre 3 milioni di persone, concentrate nel Mezzogiorno) metta la croce sul simbolo dei Cinque Stelle, che come ha avvisato Conte giudicherebbero la cancellazione della mancia da parte di Mario Draghi alla stregua della «rottura di un patto di lealtà», dunque una ragione valida per lasciare il governo. Oppure su quello del Pd, o su quello di Leu, che promettono agli interessati identiche garanzie. Tutti alleati alle prossime politiche, com' è naturale che sia, perché alla fine si è tornati alla divisione di una volta: da una parte i fessi che s' industriano e rischiano per produrre ricchezza, dall'altra i furbi che si fanno rieleggere impegnandosi a redistribuirla.
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