Giuseppe Conte, il sondaggio: la sua leadership per il M5s vale soltanto lo 0,8 per cento
Panta rei, tutto scorre, diceva Eraclito. E che tutto passi, nella politica italiana, è un dato ormai certificato. Prendiamo il caso di Giuseppe Conte, il semisconosciuto avvocato di Volturara Appula (Foggia) diventato professore all'università di Firenze poi, sotto la spinta del mantra grillino dell'uno vale uno, perfino presidente del Consiglio a capo di due governi diversi: prima gialloverde, poi giallorosso, fino a che a febbraio, travolto dagli errori sulla gestione della pandemia, è stato sostituito da Mario Draghi. Senza poltrone nel nuovo governo, per trovargli un posticino, gli amici grillini rimasti in balìa del reggente Vito Crimi e in pieno divorzio da Casaleggio e Di Battista, gli hanno chiesto di diventare loro leader convinti che l'ex premier avrebbe portato in dote al Movimento percentuali da brindisi con lo champagne.
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Del resto "Giuseppi", con le sue conferenze by night a reti unificate, i dpcm illustrati dopo cena con effetto blocca-digestione, gli annunci di lockdown puntuali come le convocazioni alla stampa di Rocco Casalino, era diventato più popolare di un divo della tv. Sui social erano spuntati gruppi di sostegno zeppi di follower, i Cinquestelle erano convinti di avere trovato finalmente il salvatore della patria e gli esperti ventilavano un trionfo elettorale dell'avvocato. A gennaio, infatti, un sondaggio Swg, ripreso dal tgLa7 e dai siti, dava l'ipotetico partito di Conte tra il 15 e il 17 per cento, con una media del 16%, quasi appaiato al Pd dell'allora segretario Nicola Zingaretti. Addirittura, secondo gli analisti, il premier pugliese in caso di discesa in campo avrebbe scippato voti qua e là: il 5,3% da indecisi e astenuti, il 5% dal M5s, il 4% dai dem, lo 0,7% dai partiti di centrodestra e l'1% da altre formazioni. A inizio estate, mentre si consumava la rottura (poi rientrata) con il fondatore M5S Beppe Grillo, il gradimento è leggermente sceso ma le percentuali sono rimaste a due cifre. «La nuova forza politica guidata dall'ex capo del governo si attesterebbe al 12,7%, un risultato senza dubbio esaltante, soprattutto se comparato a quello stimato per il "vecchio" Movimento CinqueStelle», ha titolato con soddisfazione il sito Affaritaliani.it.
Oplà, la memoria fragile di Giuseppi Conte
Prospettive entusiastiche, insomma, che oggi però si scontrano con la dura realtà visto che l'ultimo sondaggio di Swg per La7, quello del 30 agosto, assegna al M5S guidato dall'ex premier un misero +0,8% dei consensi. I pentastellati salgono, ma neanche di un punto. È tutto qua l'effetto Conte? Non doveva essere un successo? Certo, qualcuno obietterà che il Movimento, ormai dilaniato da correnti e tensioni interne, è altro rispetto a una creatura politica nuova studiata su misura per l'uomo con la pochette. Ma se Conte prima da solo valeva il 16%, come può adesso, da leader, dare un contributo dello zero virgola? Sarà colpa delle sue contraddizioni o delle sparate quotidiane. Sui decreti sicurezza di Salvini, ad esempio, si è autosmentito clamorosamente: quando era a Palazzo Chigi li ha firmati, ora li definisce «un fallimento». Sulla riforma della giustizia Cartabia i suoi hanno minacciato di uscire dal governo, salvo poi piegarsi a Draghi e accettare il testo del Guardasigilli pur di non perdere la poltrona. E ora c'è il baluardo del reddito di cittadinanza, il cavallo di battaglia M5S a cui aggrapparsi per non essere disarcionato. Ma perfino quando snocciola i numeri della povertà, Giuseppi va fuori strada e c'è da scommettere che Draghi cambierà il provvedimento come ritiene senza che i pentastellati alzino troppe barricate. Su Afghanistan, pensioni (quota 100), vaccino, il prof in aspettativa appare confuso, non si capisce bene dove voglia andare. A chi gli chiede lumi si limita a dire che «serve un confronto», che significa tutto e niente. L'uomo prova a catturare consensi. Ieri in tenuta casual, con fidanzata al seguito e cucciolone, si è presentato in piazza a dare solidarietà al videomaker pestato da un no-vax. Consapevole che alle Amministrative è dura per il Movimento, mette le mani avanti. «Se andranno male, non è un problema» perché, spiega, «il nuovo corso M5S non ha ancora potuto sortire i suoi effetti». A Roma, infatti, Virginia Raggi deve inseguire gli sfidanti Michetti (centrodestra), Gualtieri (Pd) ed è tallonata da Calenda di Azione. Se arriva al ballottaggio è un miracolo, partono i fuochi d'artificio come quelli che le contestano si sia fatta pagare dal municipio di Ostia.
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NESSUNO A PRIMAVALLE
A Torino e Milano i grillini corrono per fare sapere che esistono, a Napoli (feudo di Fico e Di Maio) hanno invece furbescamente siglato un accordo con il Pd. Per le elezioni suppletive che devono assegnare il seggio di Primavalle, a Roma, per la Camera, i pentastellati non hanno neppure trovato un candidato da opporre all'outsider Luca Palamara e al giovane dem Casu. «Non volevamo disperdere i voti», dicono. Possibile, invece, che i Cinquestelle a Primavalle appoggino l'alleato Pd nella speranza di ricevere in cambio qualche aiutino altrove, in una sorta di patto di non belligeranza in vista delle urne. Solo così, forse, Conte può sperare di raccattare qualche voto in più.