Oplà, la memoria fragile di Giuseppi Conte
L'ultima del leader M5S: "I decreti sicurezza hanno lasciato in giro decine di migliaia di clandestini. Ma dimentica -come spesso gli accade- di averli firmati lui
Tre sono le ipotesi, a questo punto, su Giuseppe Conte. A) soffre di gravi crisi di amnesia ma invece di cambiare farmaco rilascia interviste impossibili; b) ha un sosia –tipo la Maschera di ferro- che gira al suo posto e si diverte a sputtanarlo; c) è un giocherellone dal grande senso dello spettacolo che la spara lì per vedere l’effetto che fa e finire sui giornali. Come in questo momento.
Quale che sia la spiegazione sulla ricusazione dei “decreti sicurezza” dichiarata in un ‘intervista al Corriere della sera dal presidente M5S, be’, la cosa lascia sicuramente attoniti e divertiti. “Ma lui, Salvini, che cosa ha fatto sull’immigrazione? Già quando era un mio ministro cercai di fargli capire che un problema così complesso non si affronta con demagogia, facendo la voce grossa in televisione, sui giornali e sui social. Gli chiesi, senza successo, di migliorare il sistema dei rimpatri, ma non ci riuscì pur avendo i pieni poteri di ministro. Avrebbe dovuto lavorare con costanza nella cornice europea, dove non è mai stato troppo presente” si sfoga Conte. E aggiunge: “Senza contare che i decreti sicurezza hanno messo per strada decine di migliaia di migranti dispersi per periferie e campagne. L’eliminazione della protezione umanitaria ha impedito a molti migranti di entrare nel sistema di accoglienza e ad altri di farli uscire in quanto non aventi più titolo, con il risultato che migliaia di migranti sono diventati invisibili. Insomma, Salvini da ministro dell’Interno sui rimpatri e sull’immigrazione ha fallito. È un dato di fatto». Dieci minuti dopo la metà dei giornali all’unisono riportano la mitica foto del settembre 2018 di Conte e Salvini tutti pappa e ciccia col cartello dei decreti sicurezza ad uso fotografi in mano. Tutti a lì a far notare che quegl’ignobili decreti che Conte condanna sono stati in realtà firmati da Conte stesso nel primo governo gialloverde. Viene anche postato, a loop, l’intervento dell’allora premier che spiegava quei provvedimenti appena licenziati agli italiani, rassicurandoli: "In un quadro di assoluta garanzia per quel che riguarda la tutela fondamentale dei diritti delle persone, in un quadro di assoluta garanzia per quel che riguarda per quel che riguarda le convenzioni internazionali a cui l'Italia aderisce e i principi che sono sia nella nostra Costituzione, nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e nei Trattati, noi andiamo a operare un sistema di riordino e di revisione per una più efficace disciplina". Cioè due anni fa Conte – lo stesso che inseriva “il sovranismo” in Costituzione- proclamava all’universo mondo la bontà dei decreti come baluardo incontestabile di sicurezza; e ora, invece, sono un atto di messa in schiavitù.
Tre ipotesi sul voltafaccia, dicevamo. Tra l’altro per Conte la pratica dell’ autosmentita che diventa gaffe sublime sta diventando un’abitudine. Il caso della nave Gregoretti prima “atto necessario” e poi “atto di propaganda”. “200mila minori a Milano che vivono in povertà” nonostante la secca smentita del sindaco di Milano Beppe Sala e di tutte le associazioni di volontariato. Le riforma della giustizia che avrebbe impedito lo svolgimento del processo sul Ponte Morandi. I “talebuoni”, i talebani con cui è necessario intessere un dialogo prima ancora che entrassero a Kabul e poco ore di cominciare i primi sgozzamenti dei dissidenti. L’8 settembre 1943 confuso con il 25 aprile 1945. L’alchimia dialettica di Conte è qualcosa di inedito: mescola il ripensamento col sapore della gaffe pura. Però, diamine, è una saga appassionante…