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Giuseppe Conte, il retroscena sul "blitz con Travaglio". La consigliera del Fatto candidata sindaca, la voce: "La eleggono e si dimette"

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Nel Movimento 5 Stelle uno vale uno solo quando in ballo non ci sono Giuseppe Conte e Marco Travaglio. La scelta della candidata sindaco grillina a Milano, Layla Pavone, è stata presentata agli elettori come un evento "naturale". In realtà, si è trattato di un blitz bello e buono dell'ex premier, neo-leader dei 5 Stelle, che ha deciso di destituire di fatto la candidata scelta dagli attivisti milanesi, la consigliera uscente del Municipio 4 Elena Sironi, piazzando al suo posto come "bandierina" la consigliera d'amministrazione del Fatto quotidiano. Non è solo il legame diretto tra la Pavone (che ha già annunciato le sue dimissioni dal Cda del giornale) e Travaglio, primo sostenitore e consigliere privato "non ufficiale" di Conte a destare più di un sospetto. 

 

 

 

 

Significativa infatti è la decisione stessa di Conte di intervenire, con una motivazione di "logica politica tattica" che cela la reale intenzione dell'avvocato. Non fare la guerra a Beppe Sala e trovare un accordo per il secondo turno. A Milano il dialogo tra Pd e 5 Stelle è stato sempre molto complicato e la Sironi era considerata candidata combattiva, piuttosto scomoda. Ma serve una tregua, perché a livello nazionale Conte ha ancora tutto l'interesse a costruire una strada comune con Enrico Letta e i dem. Così Conte ha deciso di "retrocedere" la Simoni a semplice capolista. "Dopo l'intervento di Giuseppe Conte e le sue risposte alle domande, vi è stata la presentazione di Layla Pavone con un lungo momento di confronto, al quale si è deciso di far seguire una votazione che ha dato un esito largamente favorevole al passaggio di testimone a Pavone. Nella consapevolezza che il gruppo M5s di Milano mi avrebbe comunque sostenuta - ha spiegato la stessa Sironi - se avessi deciso di imporre la mia candidatura, prima della votazione ho espresso il mio parere riconoscendo il valore aggiunto che Layla Pavone potrebbe portare in questa sfida elettorale e ho lanciato l'invito ad esprimersi liberamente". Belle parole per ingoiare il rospo. 

 

 

 

 


Molto più polemica la candidata sindaco grillina a Milano nel 2016, Patrizia Bedori. "Come da copione, è arrivata la nomina calata dall'alto. Già tutto deciso. Altrove. Perché mai una manager accetta di diventare consigliera del Comune di Milano? Non darà mica le dimissioni appena eletta? Non è che per caso la logica di politica tattica nasconde un accordo pre-elettorale nelle segrete stanze per dare un posto in giunta alla nuova candidata?". 

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