Mattia Santori si candida con il Pd ed è subito disastro: massacrato da sardine e democratici
In molti se l'aspettavano, alcuni lo sapevano, ma la notizia, ieri confermata dall'interessato, della candidatura nelle liste del Pd di Bologna del leader delle Sardine, Mattia Santori, ha provocato parecchi malumori tra i dem. Certo non ha aiutato l'intervista rilasciata dal giovane bolognese al Corriere della Sera, nella quale, dopo aver precisato che la sua è una candidatura da «indipendente», per spiegare che non si mischia con quelli del Pd, fa sapere che la sua missione, avventurandosi nella terra dei "miscredenti", è quella di «tirare» il partito dalla parte giusta. Ossia non quella dei «cavalli di Troia di Matteo Renzi», di quelli che stanno «trafficando per un renzismo 2.0».
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BERSAGLIO - Il bersaglio, per nulla velato, è Base Riformista, la componente degli ex renziani. Ed è da loro, infatti, che ieri mattina arriva la risposta piuttosto piccata: «Caro Santori», gli scrive Alessandro Alfieri, portavoce della corrente di Guerini e Lotti, «mi fa piacere che tu abbia deciso di candidarti nelle file del Pd a Bologna e che altre figure che animano le Sardine siano intenzionate a compiere scelte simili». Detto questo, «non capisco la necessità di compilare la lista dei buoni e dei cattivi dentro il Pd. O perlomeno», frecciata, «comprendo che lo facciate per prevenire critiche interne al movimento stesso. Ma le critiche in ogni caso arriveranno: immagino vi sia chiaro che la fase dei soli applausi è finita». Sporcatevi le mani e poi ci rivediamo. Infine gli ricorda che gran parte dei dirigenti del Pd bolognese ha collaborato, a suo tempo, con l'odiato Renzi (o da lui è stata nominata). Santori non gli risponde direttamente, ma, in un lungo post su Facebook, spiega al popolo delle Sardine le ragioni di una questa scelta che ha diviso profondamente il movimento: molti hanno disapprovato un impegno diretto nelle liste di chi si è tanto criticato, l'hanno visto come il tradimento degli inizi, della scelta tante volte ribadita di non voler fare politica nei partiti. Del resto Santori non è l'unico. Altri attivisti si candideranno a Milano e a Torino. E non tutti nel Pd. A chi si scandalizza, il leader delle Sardine spiega che, a quasi due anni dalla nascita, «si apre una fase nuova. Perché c'è un tempo per arginare e un tempo per costruire. Un tempo per trincerarsi e uno per andare all'attacco». Sa che molti, dentro e fuori il movimento, lo criticano. «Vi diranno che siamo schiavi del Pd, che gettiamo la maschera, che ci vendiamo per un posto in giunta». Attacca: «Chi lo dice ha ruoli politici ottenuti non certo per etica, passione o abnegazione alla cosa pubblica; non si fa problemi a cambiare casacca in base ai sondaggi; usa il proprio profilo ola propria testata come gogna mediatica o fornace di fake news. La verità è che hanno paura perché qualcuno alle dinamiche da Prima Repubblica preferisce rimboccarsi le maniche e offrirsi alla politica, perché un giovane attivista sceglie di certificare un'alleanza partendo dal basso piuttosto che farsi blindare un comodo posto in Parlamento». Indiretta conferma, queste ultime parole, del fatto che si è trattato (o forse ancora si tratta) per una sua candidatura in Parlamento.
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MAL DI PANCIA - Tra i dem, però, l'insofferenza c'è. Ma si tace. Per amore della Ditta. Ai più vecchi tornano in mente i "girotondini", con i vertici diessini che, nonostante gli insulti, cercarono di inseguirli o di averne l'approvazione. Poi, nel giro di poco, quel movimento si dissolse. Chi non tace e, anzi, ne approfitta per affondare il coltello è Carlo Calenda, leader di Azione e candidato a Roma: «Per carità Enrico Letta sono fatti vostri e non miei, ma candidare un ragazzotto senza arte né parte, che vuole darvi la sveglia e sorvegliare la vostra purezza ideologica ti sembra una buona idea? Opterei per una pedata nelle chiappe (metaforica)».