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Green Pass, "metodo tonnara". Cosa c'è dietro la sparata di Claudio Borghi: l'ombra della Meloni e la strategia di Salvini

Elisa Calessi
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I dolori arrivano il giorno dopo. E stavolta il muscolo sofferente, nel fragile corpo di questa maggioranza extra-large, è la Lega. Ventiquattro ore dopo l'approvazione all'unanimità, da parte del consiglio dei ministri, del decreto che prevede il green pass per scuole e trasporti, oltre che ristorazione, vengono allo scoperto non solo i malumori. Ma gli espliciti "no". A guidare la rivolta nel Carroccio sono Claudio Borghi alla Camera e Armando Siri al Senato. Due pezzi da novanta. Ex presidente di commissione il primo, ex sottosegretario il secondo. Entrambi hanno annunciato di essere pronti a votare contro il decreto, nel caso non ci fossero cambiamenti sostanziali. Ma non sono gli unici. Dietro di loro, altri parlamentari leghisti sono pronti a disattendere le scelte del governo (condivise dai vertici della Lega). A cominciare da quelli che hanno partecipato alla manifestazione di piazza del Popolo.

 

 

«METODO TONNARA»
«Vedremo alla fine del lavoro parlamentare», ha detto Borghi. «Se resta così non lo voto, la discriminante per me è l'esenzione dei minorenni. Nemmeno in Francia dove hanno inventato questo abominio hanno incluso i minorenni, non vedo perché noi dovremmo distinguerci». Della stessa opinione è Siri: «No, io non lo approvo», ha scritto sui social. «Non esistono ragioni logiche, scientifiche, razionali, urgenti e reali per continuare a restringere il perimetro delle libertà individuali. È un atto contro la Costituzione e lo stato di diritto. I vaccinati possono essere contagiosi. È un dato di fatto. Dunque perché obbligare le persone ad avere un green pass?». Per l'ex sottosegretario, «quello adottato è il metodo "tonnara" per imporre un Trattamento Sanitario Obbligatorio in assenza di una legge che trasferirebbe allo Stato qualunque responsabilità relativa ad eventuali effetti avversi di un vaccino che rimane sperimentale».

 

 

E in una intervista ad Huffington Post ha apertamente criticato i ministri leghisti, che hanno votato a favore del provvedimento. Fosse stato lui, ha detto, avrebbe votato no: «Non si sarebbe aperta la crisi, non ci sarebbero state ripercussioni all'interno della maggioranza, avremmo espresso il nostro parere. Ma il punto vero», ha aggiunto, «è che tutta questa storia sta diventando una strumentalizzazione politica. Si pensa che facendo così si porterà Salvini ad andare fuori dal governo, ma si sbagliano». La critica, però, non è al leader leghista, ma a quella parte della Lega diventata, su questo tema, maggioranza, come ammette lo stesso Siri: «Non è che Salvini ha ceduto, ha cercato di limitare i danni da una posizione di minoranza». Un'osservazione che è verosimile immaginare non dispiaccia a Matteo Salvini, il quale, infatti, si è guardato bene dal censurare i "ribelli". La fronda, numericamente non influente, può, anzi, tenere presidiato il campo altrimenti battuto solo da Giorgia Meloni. Fratelli d'Italia, infatti, non ha perso un minuto per attaccare a testa bassa il decreto del governo: «Le denunce di Fratelli d'Italia sul green pass purtroppo vengono confermate dai primi dati delle associazioni di categoria, delle famiglie, degli studenti universitari e molti altri penalizzati da questo strumento tanto inutile quanto ancor più dannoso», tuonava, ieri, Francesco Lollobrigida, capogruppo di FdI alla Camera.

«CONTRO LA LOGICA»
Il partito della Meloni si fa portavoce delle proteste di imprese medie e piccole, dei commercianti, rubando la scena alla Lega. «Contro ogni logica ai gestori dei locali è stato consegnato il ruolo di agente di pubblica sicurezza senza averne i requisiti. Comprensibile la loro difficoltà». Il leader leghista prova a uscire dall'angolo alzando il tiro sull'immigrazione. «Non ci siamo», ha ripetuto ieri, ricordando che «anche in queste ore stanno sbarcando centinaia di clandestini. Aspettiamo che al ministero dell'Interno qualcuno dimostri che c'e' un ministro, per il momento non ce ne siamo accorti». E in coda: «Non puoi chiedere il green pass agli italiani per andare in pizzeria e poi fai sbarcare chiunque». Difende il provvedimento, invece, Forza Italia: «Tutelare la salute degli studenti e scongiurare un altro anno di didattica a distanza», ha detto Licia Ronzulli, vicepresidente di Fi al Senato, «era una priorità. Grazie a questa misura di buon senso, fortemente voluta da Forza Italia, i nostri figli potranno tornare in classe e in sicurezza». Anche tra gli azzurri, però, qualche dubbioso c'è. «Quis custodiet custodes, verrebbe da dire: chi controlla i controllori del green pass?», si chiede Franco Dal Mas, senatore di Fi. Dubbi e critiche condivise dai sindacati.

 

 

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