Luigi Di Maio umiliato pure da Marco Travaglio: "Non ci ho capito niente". Leggete anche voi: drammatica figuraccia
Si mette male per Luigi Di Maio, se anche il Fatto quotidiano che da anni lo porta in palmo di mano si permette il lusso di sbeffeggiarlo. E non si tratta di una vignetta di Vauro Senesi, Natangelo o Mannelli, ma del direttorissimo Marco Travaglio in persona, e per giunta nel suo editoriale domenicale. Che non sarà quello di Scalfari su Repubblica, ma che comunque "detta la linea" ai lettori del Fatto, che in tenere sono pure elettori del Movimento 5 Stelle. Insomma, una combinazione esplosiva che prepara una settimana di fuoco per il ministro degli Esteri.
Tutto nasce da un commento rilasciato da Di Maio alla festa di Articolo 1 sulla riforma della giustizia. "Io non credo che sia irragionevole discutere della riforma della giustizia e dire che va migliorata, lo dicono i magistrati e lo diciamo anche noi. È irragionevole fare una battaglia ideologica per cui le riforme di tutti gli altri non sono buone perché le presentano gli altri e l'unica buona è la nostra. Questo è un salto che stiamo facendo in questa fase". Un salto nel vuoto, carpiato, aggiungiamo noi. E infatti Travaglio commenta, senza sarcasmo stavolta: "Leggo e rileggo questa frase di Luigi Di Maio e non ci capisco niente".
I ministri grillini votano la riforma e poi minacciano le dimissioni. Cose che solo il M5s
In realtà il giochino di Di Maio è abbastanza scoperto, e lo sa pure Travaglio. L'ex capetto grillino gioca con un piede in due scarpe: non può sconfessare la linea dura di Giuseppe Conte che minaccia addirittura la sfiducia nel caso Draghi e Cartabia non accettino di modificare la riforma della giustizia secondo i desiderata edi 5 Stelle (praticamente: smantellarla). Ma da ministro è letteralmente terrorizzato dall'ipotesi di uscire dal governo e dalla maggioranza, con l'incognita di un ritorno alle urne che potrebbe definitivamente rispedire all'opposizione, polverizzandolo, il Movimento. Da qui l'esercizio di equilibrismo democristiano. Non proprio riuscito, però, e stavolta non per colpa dei congiuntivi.