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Mario Draghi, il retroscena di Bisignani: "Perché la dittatura cinese toglie il sonno al premier"

Mario Draghi

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"Le ombre cinesi incombono sul legame atlantico a doppio filo di Mario Draghi", scrive Luigi Bisignani in un articolo pubblicato su Il Tempo. Il problema è che il premier ha "una linea politica diversa rispetto ai principali leader dei partiti che appoggiano il suo governo. Chi dovrà fare un passo indietro, considerando che Draghi, mettendosi contro la Cina, stringerebbe ancora di più l’intesa con la Lega di Salvini e con ciò che resta di Forza Italia oppure, ipotesi più difficile, potrebbe spostarsi sul fronte Letta-Grillo-Speranza (D’Alema) apertamente vicini al regime di XI Jinping?", si chiede Bisignani. 

 

 

Anche perché "nel corso degli anni, Pechino ha avuto sempre rapporti molto stretti con Roma mentre ora si trova per la prima volta a Palazzo Chigi un Presidente del Consiglio ritenuto da Washington e Bruxelles il loro asso di cuori per bloccare la strada dello sviluppo tecnologico e commerciale che vogliono imporre in Asia, Europa e Africa". Gli Stati Uniti, in questo momento, "vogliono recuperare, proprio in ottica anti-Cina, la forte alleanza con l’Europa utilizzando come testa d’ariete Draghi e il prestigio di cui gode nel Vecchio Continente, ora che la Merkel, il cui cuore batte per Pechino, è in uscita. Con Emmanuel Macron, in grande difficoltà, e la Russia di Putin, che con la Cina fa il doppio gioco, strizzando, da un lato, l’occhio all’Europa e, dall’altro, siglando accordi per i gasdotti con XI Jinping", prosegue Bisignani.

 

 

E "Draghi, sulla Cina, vive anche un profondo paradosso, ben sapendo, da economista, che l’Italia non può far a meno del colosso cinese per le nostre aziende. E così il suo governo, proprio in queste ore, rivela mille contraddizioni", conclude Bisignani. "Da un lato, a Palazzo Chigi si studiano misure per evitare che i cinesi acquistino quello che resta del nostro acciaio, dall’altro, proprio al Mise è ancora aperto un tavolo per vendere Iveco proprio ai cinesi. Con l’Italia di Arlecchino, servitore di più padroni, la Cina si avvicina e Marx può aspettare".

 

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