Mario Draghi sta affondando il M5s, il sondaggio che scatena il panico grillino: "Per quanto ancora ci dissanguerà?"
Resta una sola grande domanda inevasa, ed è dove vuole arrivare Mario Draghi. Perché l'altra ha già avuto risposta: chi può fermarlo? In Italia, oggi, nessuno. Le cronache dicono che di questi tempi chi tocca Draghi muore, anzi affonda, come la ciurma dei Cinque Stelle ha appena appreso sulla propria pelle. L'argomento principale di cui discutevano ieri i parlamentari del M5S nella loro stanza digitale era il sondaggio fatto dall'istituto di Ilvo Diamanti e apparso su Repubblica: le intenzioni di voto per il movimento sono scese al 15,3%, che significa quasi due punti e mezzo persi in due mesi. Ne esce a pezzi pure l'immagine di Giuseppe Conte, determinato (Grillo permettendo) a crearsi il ruolo di primo rivale di Draghi: il suo gradimento (che è cosa assai diversa dalle intenzioni di voto) crolla al 59%, nove punti in giù rispetto a maggio, quanti ne bastano per raggiungerlo al leghista Luca Zaia, che invece piace sempre più.
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Pentastellati nel caos
Così nell'aula digitale dei Cinque Stelle, come rivelato dall'agenzia Adn, è stata un'altra giornata di panico. «Draghi cresce e ogni volta che gli andiamo contro perdiamo noi. Per quanto tempo ancora ci dissangueremo?», commenta un eletto del movimento. «Quando Conte si mette in testa di andare contro Draghi perdiamo consenso», nota sconsolato un altro parlamentare. «Forse adesso che i sondaggi danno stabilmente in calo pure lui (Conte), si convincerà di non farci immolare per una causa persa», auspica un terzo. La loro prima preoccupazione è la riforma della giustizia firmata da Marta Cartabia, che Conte non digerisce e della quale dovrebbe parlare lunedì con lo stesso premier. Il caso di Giorgia Meloni, che fuori dal governo macina consensi, non smentisce questa regola. Perché l'opposizione della presidente dei Fratelli d'Italia è dura, ma sempre rispettosa verso l'istituzione che Draghi rappresenta, e non tocca il piano personale. Tanto da non escludere, l'altro giorno, di votare proprio per lui tra sette mesi: «Draghi un nome papabile per il Quirinale? Io dico di sì, ma se mi chiedete se Fratelli d'Italia sosterrà la sua candidatura, rispondo che è molto presto per ragionamenti di questo tipo». Nessuno, insomma, può ignorare il fatto che gran parte del Paese oggi dichiara di apprezzare il presidente del Consiglio. La stessa rilevazione di Diamanti dà Draghi in ulteriore ascesa, con una fiducia personale giunta ormai al 77% (+2).
Lo schiaffo a Raggi
E più i suoi consensi salgono, più gli spazi nei quali Draghi dimostra di muoversi a proprio agio si allargano. Da refrattario che era alle conferenze stampa è diventato un presenzialista della telecamera, e l'altro giorno ha sconfinato in un terreno nuovo per lui, quello della critica politica. Vittima dell'esternazione Virginia Raggi, che Grillo e Conte ricandidano per la guida del la capitale. «Non è possibile che a Roma, per fare cose ordinarie, si aspetti il Giubileo», ha detto il premier (romano de Roma) in una riunione non così riservata con alcuni ministri e la stessa sindaca pentastellata, raggelandola. L'uomo, insomma, ci sta prendendo gusto, e questo rende la domanda iniziale ancora più importante: dove intende arrivare uno il cui consenso non ha rivali, ha iniziato a divertirsi con la politica ed è circondato da un gruppo di personaggi, a partire dal suo consigliere economico Francesco Giavazzi, che in questi mesi hanno preso confidenza con l'uso del potere, tra tutte le droghe di Stato quella che dà più dipendenza?