Mario Draghi, retroscena sulla telefonata a Grillo e M5s prima del Cdm sulla giustizia: "Costretto a dimettermi"
Quelle sulla giustizia era un nodo che andava sbrogliato. Il Movimento 5 Stelle doveva essere avvisato: niente scherzi o è la fine. E così è stato. Prima del faccia faccia in Consiglio dei ministri, Mario Draghi si è voluto rassicurare sulla riforma della giustizia firmata Marta Cartabia con una telefonata a Beppe Grillo. Il retroscena, diffuso dal Fatto Quotidiano, ha parlato di una chiamata fatta direttamente dal premier al fondatore del M5s, ad oggi molto sensibile sul tema viste le accuse rivolte al figlio Ciro Grillo. Le ricostruzioni - spiega in un'altra pesante indiscrezione La Stampa - si concentrano soprattutto su un momento, quel momento particolare, in cui vengono messi da Draghi di fronte alla responsabilità di poter innescare una crisi di governo: "Se non passa la riforma - si legge sul quotidiano di Giannini - sarò costretto a mettere nelle mani del presidente della Repubblica le mie dimissioni".
Questo sarebbe stato l'avvertimento che il presidente del Consiglio avrebbe fatto arrivare ai grillini, in seguito informati anche del fatto che in quelle ore ci sarebbero stati contatti informali tra Palazzo Chigi e il Quirinale. E così nel panico, sembra che i pentastellati abbiano optato per la scelta migliore: una mediazione. Finito però il Cdm il M5s si è dimostrato per quello che è: spaccato.
Ed ecco che Giuseppe Conte, da giorni ai ferri corti con il garante, ha detto la sua scagliandosi contro Draghi, Cinque Stelle e la riforma della giustizia. "Non canterei vittoria", è stato il suo monito seguito poi da quello di Alfonso Bonafede e preceduto da quello di Alessandro Di Battista. Ma d'altronde si sa, se Grillo ha tutti gli interessi a tenersi buono il presidente del Consiglio, l'ex premier ha tutti gli interessi nel vederlo cadere. A maggior ragione se così riesce anche nel fare un dispetto al comico che non gli ha ceduto la leadership del Movimento.