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Matteo Salvini, la verità sui conti della Lega: "Quanti soldi versa il gran capo". Sud e Bossi, due grosse grane

Alessandro Gonzato
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È il gran capo, con 38mila euro versati in un anno, uno dei maggiori finanziatori della "Lega Salvini-premier" i cui conti nel 2020 per quanto ancora solidi hanno subìto un forte ridimensionamento. Colpa della pandemia, del calo dei contributi del 2xmille, dei minori sostegni da parte dei privati, dell'impossibilità di raccogliere fondi tramite i comizi, del costo dei collaboratori, diventato importante. E così mentre le finanze di Fratelli d'Italia crescono (come documentato nel dettaglio da Libero venerdì) e Giorgia Meloni vola nei sondaggi, Matteo Salvini e la Lega che pur molti sondaggisti danno ancora in testa alle preferenze degli italiani (senza mai dimenticare che Salvini ha ereditato un partito al 4%) oltre che alle urne devono buttare un occhio alla cassaforte.

 

 

 



La Lega ha chiuso l'esercizio di bilancio 2020 con un avanzo di 480mila 237 euro, praticamente dimezzato rispetto al 2019, quando si era attestato a 903mila 286. La liquidità è calata di circa il 50%: due anni fa in cassa c'erano 3 milioni 162mila, ora un milione 603mila. È diminuito di circa 300mila euro anche il patrimonio netto: Dal 2xmille, dicevamo, la Lega ha ricevuto 2 milioni 327mila euro, quasi 700mila in meno rispetto al 2019. Enti e aziende hanno versato 20mila euro in meno. Se poi nel 2019 il partito di Salvini aveva incassato quasi 143mila euro dalle attività editoriali, 12 mesi dopo la somma è scesa a 61mila 500, meno della metà. Ma è la voce "stipendi personale collaboratore" quella che ha inciso di più: da zero è salita a 546mila 279 euro. Tra le spese maggiori ci sono poi i 600mila euro destinati alle associazioni regionali, a cominciare da quelle del Sud. La "Lega Salvini-premier" ha dichiarato proventi per 8 milioni 311mila euro: nel 2019 erano 9 milioni 734mila, il quadruplo del 2018, e quindi la cifra attuale è comunque nettamente superiore a quella di due anni fa. L'entrata maggiore è quella relativa al tesseramento (5 milioni 680 mila), in leggero calo rispetto al 2019 ma di gran lunga superiore ai 65mila euro del 2018. È soprattutto grazie ai versamenti dei parlamentari (come evidenziato nel pezzo sotto), 5 milioni 700mila euro la somma totale, che nelle casse della Lega salviniana confluisce denaro fresco, vitale tanto per le iniziative sul territorio quanto per l'organizzazione del partito. E le donazioni, molto importanti per la nuova Lega, sono fondamentali per quella bossiana, la "Lega Nord per l'indipendenza della Padania", che esiste ancora nonostante la svolta nazionale di Salvini e che stando a fonti di via Bellerio non ha nessuna intenzione di chiudere, anche se l'agenzia di stampa AdnKronos - la quale ha riportato la relazione della società di revisione Audital - scrive che i padani sarebbero sul punto di ammainare la bandiera col Sole delle Alpi. Il vecchio partito fondato dal Senatur, e da dicembre 2019 guidato dal deputato Igor Lezzi, ha chiuso l'ultimo bilancio con avanzo di 126mila euro. La Lega Nord ha dichiarato 492mila euro di liquidità tra depositi bancarie postali (nel 2019 erano 521 mila), un terzo della nuova Lega.

 

 

 

 


LA CONDANNA - Di seguito parte della relazione della società di revisione: «Siamo giunti a una conclusione sull'appropriatezza dell'utilizzo da parte del tesoriere del presupposto della continuità aziendale e, in base agli elementi probativi acquisiti, sull'eventuale esistenza di una incertezza significativa riguardo eventi o circostanze che possono far sorgere dubbi significativi sulla capacità del movimento politico Lega Nord per l'indipendenza della Padania di continuare a operare come un'entità in funzionamento». Ovviamente pesano i quasi 19 milioni di euro riconducibili al debito contratto con lo Stato, dopo la condanna da parte del tribunale di Genova, per la vicenda dei 49 milioni di rimborsi elettorali percepiti durante vecchia gestione del parito, fino al 2010. Ma di riporre lo spadone di Alberto da Giussano i vecchi leghisti non ci pensano neppure, e non solo per questioni tecniche. Il Nord quantomeno vuole tenere vivo il ricordo. Anche se in molti, basta parlarci, il sacro fuoco delle vecchie battaglie in realtà non s' è mai spento.

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