Pd, no di Mattarella? Per il Quirinale si scommette su Gentiloni e Sassoli: "Nel nome di Ursula"
Il totonomi per il Quirinale è partito in pompa magna. C'è ancora molto tempo (fino a gennaio 2022) ma i partito incominciano a muoversi, soprattutto dopo l'annuncio di Sergio Mattarella, e a confezionare strategie. In campo, fa sapere il Giornale, ci sono anche due dem dal profilo europeo come Paolo Gentiloni, attuale commissario Ue agli Affari economici, e David Sassoli, presidente del Parlamento Ue. "Profili non troppo divisivi - come potrebbero essere, per ragioni diverse, Dario Franceschini o Pier Ferdinando Casini - e che avrebbero il pregio di ancorare l'Italia a un profilo europeo", chiarisce sempre il Giornale per inquadrare politicamente e strategicamente queste due candidature. Insomma, due proposte "nel nome di Ursula", ossia di Ursula von der Leyen.
Il centrodestra potrebbe anche essere d'accordo su uno di questi due profili istituzionali, avendo in cambio garanzie da Bruxelles in caso di vittoria elettorale nel 2023. Infatti se Matteo Salvini appoggiando il governo Draghi ha guadagnato punti tra i notabili dell'Ue per una futuro da premier, non convince ancora Bruxelles la figura di Giorgia Meloni, sia per il suo passato politico che anche per il fatto di essere all'opposizione del governo Draghi, un esecutivo perfettamente posizionato sulle politiche Ue. I sondaggi danno in grossa crescita la Meloni e FdI e il centrodestra non vorrebbe che se la Meloni avesse i voti per fare la premier, fosse proprio ostacolata dall'Europa.
Resta, sullo sfondo, l'ipotesi Marta Cartabia, attuale ministro della Giustizia. Che, però, sarebbe in discesa nelle ultime settimane. E non solo per l'ostracismo del M5s, ma anche per qualche tensione con Palazzo Chigi (e non solo) sulla parte del Recovery plan di sua competenza. La Cartabia potrebbe avere come concorrente proprio l'attuale premier, Mario Draghi, che molti vogliono come ideale successore di Sergio Mattarella. Il problema è che il premier dà garanzie a Palazzo Chigi sul programma politico che piace tanto all'Ue. Se lasciasse Palazzo Chigi le incognite potrebbero aumentare, soprattutto su chi dovesse gestire il Recovery plan.