Silvio Berlusconi, svolta della Corte europea sulla condanna per frode fiscale: "Ora l'Italia deve spiegare"
A 8 anni dalla sentenza della Cassazione su Silvio Berlusconi che rese definitiva la condanna per frode fiscale, e che gli costò la decadenza dalla carica di senatore, la Corte europea dei diritti dell'uomo, come riporta il Corriere della Sera, interroga l'Italia: l'ex premier ha avuto un processo equo?: "Berlusconi ha beneficiato di una procedura dinanzi a un tribunale indipendente, imparziale e costituito per legge? Ha avuto diritto a un processo equo? Ha disposto del tempo necessario alla preparazione della sua difesa?".
Sono alcune delle 10 domande che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha rivolto al governo italiano, e alle quali dovrà rispondere entro il prossimo 15 settembre.
Finalmente i giudici si Strasburgo hanno tirato fuori il fascicolo numero 8683/14, intitolato "Berlusconi contro Italia", che giaceva sui loro tavoli dall'inizio del 2014 e a quasi otto anni dalla sentenza della Cassazione che l'1 agosto 2013 rese definitiva la condanna a quattro anni di reclusione (con un anno condonato) per frode fiscale che costò all'ex presidente del Consiglio la decadenza dalla carica di senatore. Il leader di Forza Italia, nel frattempo, ha già scontato la pena, ottenuto la riabilitazione ed è stato rieletto al Parlamento europeo, ma quella sentenza del 2013 continua ad avere effetti su altri versanti, come il diritto della Fininvest a detenere le quote eccedenti il 9,99 per cento di Banca Mediolanum, contestato proprio a causa della perdita dei requisiti di "onorabilità" (dovuta alla condanna) da parte dell'ex Cavaliere, azionista di maggioranza del gruppo.
E mentre i legali di Berlusconi hanno chiesto alla Corte d'appello di Brescia la revisione del processo milanese, i giudici di Strasburgo chiedono all'Italia di fornire risposte scritte ai quesiti. "L'azione per la quale il ricorrente è stato condannato costituiva reato secondo il diritto nazionale al momento in cui è stata commessa? Il ricorrente si è visto infliggere una pena più grave rispetto a quella applicabile al momento in cui la violazione è stata commessa, in ragione della mancata applicazione delle circostanze attenuanti? Il ricorrente è stato processato due volte per la stessa offesa sul territorio dello Stato?". E' ragionevole pensare che l'Italia risponderà di no, in linea con i magistrati che hanno emesso le sentenze. A quel punto ci sarà la replica dei difensori del Cavaliere, prima del verdetto finale. E con tempi assolutamente imprevedibili.