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Coprifuoco, "non esiste un piano B". Indiscrezioni a palazzo: come nasce il trionfo di Lega e Matteo Salvini

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Nei giorni in cui si è discusso di Recovery plan, il Parlamento si è anche occupato in maniera frenetica sugli ordini del giorno che riguardavano l'orario del coprifuoco. Pur di scongiurare una rottura alla Camera nella maggioranza, il ministro per i Rapporti con il Parlamento D'Incà è andato in Senato per rimediare al patatrac e parlare col premier Draghi e con Giancarlo Giorgetti. Un viaggio a vuoto, per alcuni leghisti, perché "se Giancarlo è d'accordo non è detto lo sia Matteo". Infatti Salvini, per non lasciare argomenti alla Meloni, non ha detto si al compromesso di Forza Italia e ha minacciato anche di votare la mozione di sfiducia presentata da FdI contro il ministro della Salute, Speranza.

 

 

Salvini non vuole rompere, perché sa di non poter oltrepassare certi limiti, ma c'è un motivo se Giorgetti si è lasciato andare a quel "se dura", scrive il Corriere. Il timore della Lega è che il governo Draghi pendi un po' troppo a sinistra o che accontenti "i vedovi di Conte che lanciano messaggi minacciosi per quanto meno rumorosi", scrive sempre il Corriere. "Il riformismo calato dall'alto è sempre destinato alla sconfitta", ha detto  l'ex viceministro all'Economia Misiani (Pd), durante il dibattito sul Pnrr.

 

 

"Se le riforme programmate da Draghi e che accompagnano il Recovery plan non venissero varate, il debito pubblico andrebbe fuori controllo. E purtroppo il sentiero delle riforme è in salita", spiega il renziano Marattin. Draghi inoltre ha l'handicap del fattore tempo. "Certo che ne abbiamo di cose da fare tra maggio e giugno...", ha detto durante il suo discorso. Ecco perché in Senato, Draghi ha sottolineato che "il piano si può attuare solo se c'è volontà di successo". Ed ecco il timore di quel "se dura" con cui Giorgetti avvisa tutti. Perché se la Lega si sfila, per l'Italia non esiste "un piano B".

 

 

 

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