Giorgia Meloni "come Gianfranco Fini". Il politologo e il destino di una leader: "Che fine farà Fratelli d'Italia"
Giorgia Meloni non è poi così diversa da Gianfranco Fini così come Fratelli d'Italia non lo è da Alleanza nazionale. Ne è convinto Luigi Curini, politologo dell'Università di Milano e visiting professor presso la Scuola di scienze politiche della Waseda University di Tokyo, che in una intervista a ItaliaOggi, sostiene che "dal punto di vista programmatico e di idee faccio fatica a trovare grosse differenze tra FdI e la fu Alleanza Nazionale, una forza politica che nel suo massimo splendore riuscì a sfiorare il 16% di voti, non dimentichiamocelo, e che fece parte di diversi governi nazionali".
E anche rispetto al tipo di elettorato Curini non trova diversità rilevanti: "Io vedo poche differenze rispetto ad An, almeno l'An nel suo massimo successo elettorale a metà anni '90. Stessa proposta programmatica, stessa diffusione geografica (con una chiara prevalenza nel Sud Italia)", spiega. "Certo, oggi c'è la Meloni e non Gianfranco Fini. Ma ricordo che a metà anni 90 Fini era anche lui tra i politici più apprezzati dagli italiani", sottolinea Curini. "Insomma, anche qua c'è meno differenza di quello che si potrebbe pensare a prima vista".
Sicuramente, pensa il politologo, nonostante l'aumento del consenso, "senza il voto del ceto produttivo Fratelli d'Italia non sarà mai primo partito del centrodestra. A meno di disastri del governo Draghi nei prossimi mesi". Servirebbe "una vera rivoluzione culturale, l'implementazione di una sorta di liberismo populista o di populismo liberale", che però, spiega Curini, "potrebbe venire ben più facile paradossalmente ad un Salvini che ad una Meloni, semplicemente perché la seconda ha una eredità ideologica decisamente più gravosa del primo".
E se FdI ruba voti alla Lega e a Forza Italia, "chi sale lo fa perché gli altri scendono. Da questo punto di vista, il modo di porsi della Meloni sta facendo indubbiamente la differenza nel corso dell'ultimo anno", prosegue Curini. "Viene secondo me apprezzata per la sua linea coerente, con pochi tentennamenti, quelli che invece Salvini ha registrato dalle elezioni europee in poi, con accelerazioni e poi veloci retromarce, a volte difficili da capire".
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Per esempio, "pensiamo al caso del Recovery Fund del luglio scorso. Da un lato Salvini a criticare l'esito ottenuto dall'allora governo Conte 2, dall'altro la Meloni che prima si dice al fianco del premier, e poi si congratula con lui per il risultato raggiunto", osserva Curini. "In questo quadro, chi si presenta meglio agli occhi dell'elettorato in termini di responsabilità? Strizzando gli occhi anche solo per un attimo agli elettori moderati?".
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