Matteo Salvini e la "citofonata", la Procura di Bologna chiede l'archiviazione: "Contesto da campagna elettorale"
La citofonata di Matteo Salvini a Bologna il 21 gennaio 2020 "deve collocarsi in un contesto di campagna elettorale per le Regionali in Emilia-Romagna e la sua condotta chiama dunque in causa la scriminante dell’esercizio del diritto di critica politica". Questa la motivazione per cui la Procura di Bologna ha chiesto oggi l’archiviazione del fascicolo aperto per la querela per diffamazione presentata da due residenti nel palazzo, preso di mira dal senatore della Lega che suonò chiedendo della presenza di spacciatori.
Il Pm e il procuratore Giuseppe Amato sottolineano che dalla visione delle immagini non si arriva all’identificazione delle persone accusate. Ma soprattutto "l’episodio si verifica in clima di piena campagna elettorale in cui, sul tema della pubblica sicurezza, le contrapposte fazioni politiche hanno sicuramente avuto modo di prendere posizione nelle rispettive campagna. Obiettivo dunque era la critica alla precedente amministrazione in un momento in cui l’amministrazione deve essere rinnovata", si legge nella sentenza.
Il legale della famiglia, l’avvocato Filomena Chiaretti, ha annunciato l’opposizione, ma l’udienza non è ancora fissata. Punto centrale della richiesta del pm è la presenza dei tre elementi necessari per riconoscere le tutele previste dall’articolo 51 del codice penale: una verità sostanziale del fatto narrato, un interesse pubblico alla conoscenza e alla diffusione dell’informazione e "il ricorso comunque a un linguaggio entro i limiti della continenza”. Nel gennaio di quest'anno i genitori del ragazzino che rispose al citofono all'ex ministro erano poi stati arrestati perché trovati in possesso di hashish e marijuana, oltre a soldi falsi e proiettili. Accuse che sono costate una condanna a 2 anni di reclusione, con sospensione condizionale della pena, al termine del processo di primo grado, che si è svolto in abbreviato.
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