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Laura Ravetto: "Draghi ha ragione sulle donne, mi ha colpito una sua frase. Ecco a cosa sto lavorando con la Lega"

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Da quando è stata nominata responsabile Pari opportunità della Lega, la prima nella storia del partito di via Bellerio, Laura Ravetto non ha smesso per un istante di porre la questione della parità – ma soprattutto le “ricette” studiate per ottenerla davvero – in tutte le sedi. Appena terminato uno degli incontri più serrati e attesi, quello con il ministro dell’Economia Daniele Franco – a cui ha partecipato insieme all’intergruppo della Camera dei deputati – Libero l’ha intercettata.

Onorevole, che cosa è emerso dal vertice con il ministro Franco?
"Mi faccia dire prima di tutto che si è trattato di una vera e propria riunione di lavoro. Troppo importante l’occasione di Next generation Eu: e proprio perché il Recovery fund “parla” alla generazione che verrà, i temi del rilancio dell’occupazione femminile e del sostegno alla famiglia come “comunità” non possono che diventare prioritari per il governo Draghi".

A proposito di Draghi, sulla questione femminile è sembrato chiaro fin dal principio: poca retorica, parità nei fatti.
"Mi ha colpito molto quella sua frase: “Parità non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge” ma parità di condizioni. Come si fa a non essere d’accordo? Le donne italiane, soprattutto in questo momento di difficoltà, chiedono alle istituzioni serietà e concretezza e non battaglie lessicali, di apparenza, che distolgono il focus dalla reale sostanza del problema. È proprio quello che pensa la Lega e che fa da cornice alla nostra proposta. Gli assi cartesiani di ciò che abbiamo presentato sono infatti il riequilibrio della differenza salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie degli uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro".

 

 

Lei si è recata al Mef insieme a Laura Boldrini e all’intergruppo Pari opportunità della Camera. Avete presentato un documento comune?
"Su alcuni punti fondamentali esiste, per fortuna, un’ampia condivisione: penso, ad esempio, a quelle misure che dovranno essere inserita nella Proposta di Piano Nazionale di ripresa e resilienza che riguardano il mercato del lavoro. Ecco tutte noi abbiamo un minimo comun denominatore: una delle priorità è consentire all’Italia di abbassare gli indicatori sulla differenza salariale e occupazionale di genere. Su questo, ed è un male, siamo al di sopra della media europea...".

Il Covid e il lockdown non hanno colpito in maniera “paritaria”, vero?
"Esatto. Anche stavolta ad essere colpite sono state soprattutto le donne. Prendiamo il lavoro dipendente nel settore privato. Fra i settori del mercato più colpiti ci sono quelli che vedono al loro interno una forte rappresentanza femminile: penso al commercio al dettaglio e al comparto ricettivo. Qui non è stato certo possibile lo smart working. Su questo la Lega non intende certo chiedere nuova assistenza di Stato".

 

 

Qual è la proposta?
"Davanti allo scenario dello sblocco dei licenziamenti lo Stato a nostro avviso deve garantire le “occasioni” per le donne. Lo deve fare, ad esempio, favorendo l’accesso ai fondi del Recovery a quei settori dove è necessario riequilibrare il gender gap. Come? Da un lato assicurando nei contratti condizioni di parità nell’accesso alla formazione, alla specializzazione e all’acquisizione delle competenze. Dall’altro favorendo poi le politiche attive con il sostegno strutturale all’imprenditoria femminile. Nel concreto, insomma, va sostenuta la costituzione di nuove realtà imprenditoriali ma anche l’ammodernamento strutturale, digitale e tecnologico di quelle esistenti".

Molte donne vorrebbero “intraprendere” ma non hanno un welfare che permetta loro di alleggerire il carico familiare, altre invece vorrebbero una famiglia ma temono per il posto di lavoro. Il nodo resta ancora?
"Assolutamente. Ed è drammatico in tutte e due le sponde del problema. Le do solo un dato: durante il Covid alle donne sono toccate, in media, 62 ore a settimana in più per la cura ai figli. Il corollario è chiaro: i temi dell’equilibrio tra vita professionale e vita privata, del potenziamento e dell’equa ripartizione dei congedi parentali tra uomo e donna, così come degli altri strumenti di conciliazione famiglia-lavoro sono una priorità. Per tradurre tutto ciò in fatti, però, è necessario un cambio nella prospettiva radicale agli strumenti di sostegno alla natalità e alla genitorialità e all’assegno unico".

Che cosa proponete?
"Si deve passare dalla logica dei bonus all’investimento per il futuro. Per ciò gli strumenti vanno resi effettivamente universali, sul modello di quanto avviene in altri Paesi europei, e affrancati definitivamente dalle logiche di assistenzialismo e contrasto della povertà che ne hanno svilito il ruolo e circoscritto oltremodo l’ambito applicativo. Queste misure, concepite secondo una logica burocratica e falsamente redistributiva, hanno lasciato completamente fuori il ceto medio dall’accesso alle agevolazioni: proprio il settore più dinamico e proattivo della società. Penso al mondo delle libere professioniste, degli avvocati, dei commercialisti. Di tutte colore che hanno orari di lavoro massacranti e necessitano il sostegno di baby sitter che non sono certo un bene voluttuario ma essenziale per loro. Parliamo di quel mondo dove le donne – se messe nelle condizioni – potrebbero essere l’arma in più della ripartenza. Va rovesciata la piramide, dunque, e messo al centro il merito. Ad “armi pari” vincerà il benessere di tutti".

 

 

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