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Letta s'incavola per Gualtieri sindaco, e nomina Tinagli e Provenzano

 Tinagli  e Provenzano

Francesco Specchia
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Per chi lo ricorda nei giorni del suo think thank Vedrò, Enrico Letta non s’arrabbia mai, non è tipo da incresparsi di livore; al massimo porge degli amabili cazziatoni. Come quello che gli hanno sentito fare l’altro giorno ai collaboratori, quando qualche “manina” dal Pd ha fatto trapelare all’Ansa l’autocandidatura di Roberto Gualtieri a sindaco di Roma (mentre Enrico, ignaro, stava lì a cercare di riattaccare i cocci del partito).

“Infilzato dagli spifferi”, spiega il sito Dagospia. Definizione azzeccatissima. Letta aveva anche chiesto a Nicola Zingaretti di congelare la candidatura dell'ex ministro dell'Economia “così da potersi confrontare prima con Giuseppe Conte”; e gli piovuta dal cielo l’irruzione di Gualtieri. Il quale, tra l’altro, in realtà, pare non avesse nemmeno davvero sciolto la riserva; e ora, probabilmente sarà sciolta la sua candidatura (anche perché i sondaggi interni lo trattano un po’ come il figlio della serva). Che siano stati Goffredo Bettini, Claudio Mancini, e il nucleo del potere dem romano per bruciarlo sui tempi, o qualche furbetto ex renziano insediati nel partito, be’, poco importa. L’uscita su Roma ha provocato a Enrico seri problemi con i suoi e soprattutto con Carlo Calenda candidato al Campidoglio ora inviperito e pronto, per l’onta subita, a rompere qualsiasi rapporto col neosegretario prima ancora di averlo costruito.  E poi è sorto pure il problema con Beppe Grillo che, sfanculando qualsiasi ipotesi di alleanza col Pd in Campidoglio, si è prontamente schierato per la candidatura Raggi tutta la vita. Non è un caso che Letta, subito dopo, abbia optato, in risposta al tentativo di scavalcarlo, per la prova di forza, scegliendo due vicesegretari, economisti e di provata stima lettiana, Irene Tinagli e Peppe Provenzano, le cui nomine saranno sottoposte al voto dell'assemblea nazionale dem. Tinagli, 46 anni, docente universitaria specializzata in sviluppo economico e innovazione all'Università di Pittsburgh, sarà vicesegretaria con funzioni di vicaria, è lettiana d’antàn. Provenzano che di anni ne ha 39, già alla Svimez, e poi responsabile delle Politiche del lavoro e ministro per il Sud nel secondo governo Conte, è anch’egli un outsider che ha partecipato alla fondazione del Pd. Sono scelte di alto profilo che raccolgono il plauso trasversale. Almeno all’apparenza. La vera verità è che il Pd è bravissimo ad incasinarsi da solo.

Da troppi anni è attraversato da lotte intestine, pugnalate alle spalle, correnti incistate nel partito che lavorano sulle trappole e sui veti incrociati. Letta dovrà sgrovigliare tutto questo. Tra poco si troverà, per esempio, la grana dei capigruppo in Parlamento: tutti i segretari tendono ad avvicendare i vecchi titolari con uomini loro, per avere un controllo più stretto sulle attività delle Camere; e Letta non fa eccezione. Per esempio, per amor di palingenesi, si ventila il siluramento di Andrea Marcucci – con Guerini, il più renziano dei dem- al Senato. Se non fosse che, da quelle parti dove la maggioranza è di Base Riformista, han già fatto trapelare che “è meglio che Letta inizi da qualche altra parte. Per togliere Marcucci prima deve spiegare perché e chi ci vuole mettere…”. Cominciamo bene. Poi il segretario, nel fine settimana, dovrà fare il giro delle sette chiese della sinistra. Incontrerà gli altri leader: prima Roberto Speranza di Leu e poi Carlo Calenda di Azione; infine la sua nemesi, il Matteo Renzi che ha definito quella di Letta “una scelta equilibrata” e Letta si è consumato in gesti apotropaici. Insomma, data l’instabilità atavica del partito, per il nuovo leader ci sarà da lavorare. Intanto la sua funzione stabilizzante si riverbera almeno sui sondaggi: il Pd ha un lieve rimbalzo e passa dal 16,6% al 17,4 secondo Swg. Spiega al Giornale l’altro sondaggista Roberto Weber di Ixè  - “Occorrerà vedere quali azioni metterà in campo. Su alcuni aspetti è apparso in continuità con la linea precedente, su altri è stato molto in discontinuità. Per esempio, l'operazione dello Ius soli è un messaggio per unire i propri elettori. Che l'obiettivo sia centrato, è da vedere”. Infatti. Lo Ius soli serve a Letta per tenere ancorata la parte del partito che gli sta sfuggendo a sinistra. Ma per molti la sua naturale tendenza al moderatismo (viene, in fondo dalla Margherita, è figlio e nipote politico di Andreatta e Prodi) potrebbe consentirgli un naturale dialogo col centro berlusconiano dove gode ancora di autorevolezza lo zio, Gianni Letta. Ma prima urge mettere ordine in casa…

 

 

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