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Denis Verdini gli stoppa la candidatura, "e anni dopo...". Palamara, occhio alla chat: il giudice in politica, vendetta sull'ex forzista?
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Gaspare Sturzo, giudice e pronipote del fondatore del Partito popolare e Denis Verdini, imprenditore, banchiere, politico. Sturzo, giudice preliminare a Roma, due anni fa rifiutò di archiviare l'inchiesta su Verdini (e su Tiziano Renzi, padre di Matteo) costringendo la Procura a un supplemento di indagine, sfociato tre mesi fa in una richiesta di processo. Ma Sturzo e Verdini otto anni prima si erano scontrati perché il primo puntava a fare il candidato del centrodestra alla presidenza della Sicilia. E il secondo stoppò la candidatura
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Nessuno pensa, scrive il Giornale, che il giudice abbia voluto prendersi una vendetta quando si è trovato a dover giudicare Verdini, ma la domanda che si pone il quotidiano è quella che probabilmente Sturzo non avrebbe fatto meglio ad astenersi quando proprio sul suo tavolo approdò la richiesta di archiviazione dell'indagine in cui comparivano Verdini e Renzi senior, filone laterale dell'affare Consip?
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"A chiederselo è anche la Procura di Perugia, competente per i reati commessi dai colleghi romani, che sulla mancata astensione di Sturzo ha aperto una indagine, interrogando Verdini e Gianni Letta, che della candidatura del magistrato in Sicilia era stato uno degli sponsor", scrive il Giornale. Ipotesi di reato (per ora non formalizzata): abuso d'ufficio. Nel frattempo Sturzo cercò anche di fare carriera in magistratura, indicando proprio il ruolo svolto come gip a Roma tra i suoi titoli di merito. E chiese aiuto a Luca Palamara, ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati, e leader della sua corrente, Unicost. L'obiettivo di Sturzo era un posto alla Procura generale della Cassazione. A raccontarlo sono le chat estratte dalla Guardia di finanza dal telefono di Palamara, che documentano l’intenso pressing di Sturzo sul potente collega tra il maggio e il luglio 2018. Sturzo, per esempio, se la prende con Maurizio De Lucia, procuratore della Repubblica a Messina, che ha fatto carriera grazie alle indagini fatte insieme a lui in Sicilia: "Ma le carte le facevo tutte io".
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