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Marta Cartabia, gli ostacoli verso la riforma della Giustizia: "Il peso della sentenza europea sulle intercettazioni"

Pieremilio Sammarco
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Il Ministro Marta Cartabia, anche sulla spinta dei fondi europei del Recovery Plan, si trova ad affrontare alcuni nodi che affliggono la giustizia; proviamo a stilare un breve elenco con alcuni suggerimenti. 1)La riforma delle intercettazioni: se ne parla da tempo, ma è passata quasi inosservata una recentissima sentenza della Corte di Giustizia europea (causa 746/18): essa ha precisato che una normativa nazionale che attribuisce al pubblico ministero il potere di accesso a dati relativi al traffico o all'ubicazione, idonei a fornire informazioni sulle comunicazioni effettuate da un utente di un mezzo di comunicazione elettronica, è ammesso solo per le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica. Ma soprattutto, la Corte ha affermato che il p.m. non può acquisire i tabulati da un operatore senza l'autorizzazione di un'autorità terza, pena la loro inutilizzabilità.

 

 

Questa pronuncia può essere la molla che inneschi un processo di revisione dell'intera normativa in materia. 2)L'abrogazione della riforma Bonafede sulla prescrizione: è invocata dalla comunità dei giuristi, giacché l'eliminazione della prescrizione dopo il primo grado rappresenta una tortura per chi si trova impigliato in un processo penale, nonché un insostenibile aggravamento dei ruoli dei tribunali. 3)La riforma del processo civile: è noto il rapporto (negativo) tra durata dei processi e PIL. Ma qualunque riforma del rito è inutile e priva di effetti concreti se non si muta profondamente la concezione del lavoro del magistrato. Questi, quale civil servant di un servizio pubblico, non può essere slegato da forme di controllo sulla sua produttività, come avviene in qualunque realtà lavorativa. Ci sono molti parametri su cui ci si può basare, mutuandoli dalle realtà produttive del settore privato. 4)La riforma del CSM: è ormai chiaro a tutti che le modalità di elezione dei suoi componenti devono essere riviste per evitare le degenerazioni emerse negli ultimi tempi, ma è un argomento troppo delicato e complesso per essere affrontato da un governo di transizione quale è quello attuale e questo nodo dovrà inevitabilmente essere sciolto dal prossimo governo; dunque inutile istituire ora tavoli o commissioni.

 

 

5)Carceri e carcere duro: il covid ha acuito l'annoso problema del sovraffollamento delle nostre carceri. Va ripensato il concetto di pena, giacché non riesce a raggiungere il fine della rieducazione del condannato, favorendo nel contempo le sanzioni pecuniarie e le misure alternative alla detenzione. La morte in carcere di anziani e malati detenuti in un regime di isolamento dato dal 41-bis appare una afflizione non accettabile per uno stato moderno che si è fondato sui principi giuridici di Beccaria. Vi sarebbero poi altri temi che potrebbero essere affrontati dal neo Ministro, quali la necessità di regolare il suicidio assistito, l'assicurazione dei diritti del minore concepito con fecondazione eterologa da parte di genitori omossessuali che hanno fatto ricorso a questa pratica all'estero, il riconoscimento di un dignitoso emolumento fisso (e non a cottimo) per i giudici onorari, la riduzione del fenomeno del pan-penalismo che vede l'espansione del diritto penale anche in settori tradizionalmente regolati dal diritto civile (ad esempio, la stabilizzazione dei riders da parte della Procura di Milano), il divieto delle porte girevoli tra magistratura e politica, ma sarebbe troppa carne al fuoco e come diceva Voltaire l'ottimo è nemico del bene. *Professore di Diritto Privato Comparato Università di Bergamo.

 

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