Matteo Salvini, retroscena: irritazione per i ministri di Mario Draghi. E il leghista studia la prima "trappola"
Lo schema è il medesimo da trent' anni: alternare la Lega di lotta a quella di governo, con una capacità quasi camaleontica di interpretare le esigenze politiche del momento. Per questo la "conversione" di Matteo Salvini non deve stupire più di tanto. In questo particolare frangente della vita repubblicana il cuore pulsante dell'elettorato leghista (imprenditori, partite Iva, lavoratori autonomi) non ha bisogno di esser preso a cazzotti nello stomaco, ma, al contrario, deve essere rassicurato sul fatto che l'economia, i consumi e il lavoro ripartiranno e che questi temi saranno in buone mani. E quelle di Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia e Erika Stefani, danno questo tipo di rassicurazione. Come ha confermato ieri lo stesso Salvini: «Non ci sono più Conte, Azzolina, Bonafede e Casalino, ma ci sono tre ministri della Lega che da oggi lavoreranno per le imprese, per il turismo e per i disabili. Non sarà facile, ma ce la metteremo tutta». Tanto che già oggi Salvini sarà a Roma per «festeggiare San Valentino con una riunione operativa coi tre nuovi ministri».
Occhio però a pensare che tutto sia filato liscio. Da via Bellerio fanno trapelare una certa irritazione per il metodo usato da Draghi nella scelta dei nomi della sua squadra. Il premier ha deciso in autonomia, ma se la Lega avesse potuto mettere becco, i nomi probabilmente sarebbero stati diversi o quantomeno differenti lo sarebbero state le deleghe da affidare ai tre. Intendiamoci le faide tra "falchi" e "colombe" dell'euro non c'entrano. I tre nomi finiti al governo sono di primissimo piano ma, fanno notare da via Bellerio, magari si potevano fare scelte diverse. Ad esempio al Turismo si sarebbe potuto rilanciare un Gianmarco Centinaio, con Garavaglia dirottato su deleghe più economiche, dove l'ex assessore al bilancio di Regione Lombardia si sarebbe trovato più a suo agio. Idem per la Stefani, che nel Conte Uno era ministro alle autonomie. E a dirla tutta anche la scelta dei tre ministri di Forza Italia (Brunetta, Carfagna e Gelmini), non sono state giudicate come amichevoli verso la Lega.
Ma è andata così e allora «giocheremo di squadra» ha confermato Salvini, che parallelamente all'ala governativa sta preparando la strategia per quella di lotta. Del resto nonostante i sondaggi premino la sua scelta (l'ultimo rilevamento da il Carroccio governativo al 26,4%, con un incremento dello 0,7%), Salvini sa che non può lasciare a Fratelli d'Italia gli storici cavalli di battaglia della Lega. Da qui la riproposizione dello schema "di lotta e di governo", che dovrebbe concretizzarsi, Draghi permettendo, nella scelta dei sottosegretari. Il Carroccio, è certo, punterà a mettere uomini nei dicasteri economici, ma sono due le caselle che Salvini vuole portare a casa ad ogni costo. La prima è quella di avere un uomo di fiducia al Viminale per marcare stretta la Lamorgese soprattutto in tema di immigrazione.
In pole position per quella posizione ci sarebbe uno fra Nicola Molteni e Stefano Candiani, entrambi lombardi, entrambi già sottosegretari proprio al ministero degli Interni con il Conte Uno e Salvini ministro. L'altra casella che Matteo punta ad ottenere è quella di un sottosegretariato alla Sanità. Roberto Speranza, infatti, è considerato un altro componente del precedente governo da tenere d'occhio. E il suo carnet è ricco di battaglie contro Lombardia e Veneto: dal pasticcio della zona rossa non concessa di Alzano, fino all'ultimo sgarbo alla Lombardia con il rifiuto di far analizzare dal Cts il piano vaccinale di Guido Bertolaso, passando per la battaglia contro Zaia, minacciato addirittura di taglio alle forniture dei vaccini se dovesse insistere nell'intenzione di comperarseli da solo. Senza contare lo strapotere lasciato al super commissario Domenico Arcuri.
Per questo la riuscita o meno dell'operazione "marcatura a uomo" di questi due ministri potrebbe segnare il confine tra quale delle due Leghe (di lotta o di governo) prenderà il sopravvento nei prossimi mesi. Del resto è stato lo stesso Salvini, l'altro giorno, a confermare come: «Speranza alla Salute e Lamorgese agli interni o cambiano marcia, cambiano modulo, cambiano approccio, cambiano sprint, oppure se vanno avanti come sono andati avanti nell'ultimo anno e mezzo, avranno bisogno di aiuto e sostegno...». Più chiaro di così.