Mario Draghi "atlantista", il retroscena: guerra al "partito cinese" del M5s, "profonde ramificazioni nello Stato"
Un governo "europeista e atlantista". Molti di Mario Draghi hanno sottolineato soprattutto il primo elemento, forse per mettere in difficoltà Matteo Salvini, alleato "impensabile". Ma la verità, come sottolinea anche il Corriere della Sera, certo non tacciabile di simpatie leghiste, è che è il secondo elemento, "l'atlantismo", una delle cesure vere con le esperienze del recente passato. Tradotto: una rottura netta con certe tentazioni del Movimento 5 Stelle.
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Pare che anche i riformisti del Pd avessero già contestato agli alleati certe posizioni: "Da mesi - scrive il Corsera - denunciavano la presenza nella maggioranza e nel governo di un «partito cinese» - così era stato definito - con profonde ramificazioni nelle strutture dello Stato". Lo scontro, si sottolinea "era emerso quando Giuseppe Conte, nel suo ultimo discorso di fiducia, aveva di fatto equiparato il rapporto dell'Italia con Washington a quello con Pechino", costringendo il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, democratico, a metterci una pezza.
Insomma, cambiano gli equilibri e cambiano le priorità: oltre ai campi di intervento annunciati durante le consultazioni (ambiente, sanità e vaccini, lavoro, imprese e scuola), l'esecutivo di Draghi ha l'ambizione di essere "antidepressivo". Risvegliare cioè quel minimo di fiducia nel futuro cancellato da un anno di lockdown a singhiozzo, scuole chiuse, negozi, bar, ristoranti e imprese a mezzo servizio (nel migliore dei casi). In questo senso, sarà decisiva una accelerazione nella campagna di vaccinazione proprio per blindare il paese dal punto di vista sanitario e permettere la graduale ripresa delle attività economiche a pieno regime.
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