Mario Draghi e poi la scissione. Grillo e Di Maio, drammatico giro di telefonate: il retroscena
Passo indietro del Movimento 5 Stelle. Un governo con Mario Draghi non è più un tabù, a patto che sia politico e non tecnico. A farsene una ragione anche Luigi Di Maio. L'ex leader pentastellato e, forse ancora per poco, ministro degli Esteri si è convinto che non ci sono altre vie: Draghi e poi scissione. Alla conclusione Di Maio - rivela Dagospia - ci è arrivato dopo una lunga discussione con Beppe Grillo.
E il ragionamento è stato il seguente: se Di Maio ha la maggioranza del Movimento, il fondatore lo appoggerà per tutta la vita. Ma sulla proposta di Davide Casaleggio di utilizzare la piattaforma Rousseau per chiedere se sostenere o meno l'economista a Palazzo Chigi, i grillini sono divisi tra chi non si fida e chi sente puzza di bruciato. D'altronde Draghi, da buon banchiere, rappresenta tutto ciò contro cui i Cinque Stelle hanno tentato di combattere. Le consultazioni con i pentastellati Draghi le condurrà nella giornata di sabato 6 febbraio. Per l'occasione si era ipotizzata anche la presenza di Grillo, volato puntualmente a Roma. Eppure - mette in dubbio il sito di Roberto D'Agostino - il suo faccia a faccia con Draghi non è scontato.
Si vocifera però che i due abbiano parlato a lungo al telefono. Il Fatto Quotidiano racconta che l'ex presidente della Banca centrale europea ha chiamato il fondatore del M5s che poi ha contattato Vito Crimi per convincerlo a schierare il partito per il sì alla fiducia al presidente del Consiglio incaricato: “Devi dire ai parlamentari che bisogna ascoltare Draghi, sedersi al tavolo con lui”. La stessa cosa che successe nel 2019, quando il Garante grillino convinse Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista a fare il governo con il Partito Democratico. Da qui il repentino cambio di programma dettato dal comico.